mercoledì 25 gennaio 2012

RESTARE INCINTA PER NON INGRASSARE


La rivista medica Contraception ha pubblicato un articolo da cui emerge che il motivo più frequente per cui le donne smettono di usare la pillola anticoncezionale è per non ingrassare. Nel fare questo passano a metodi meno efficaci o non prendono più alcuna precauzione, e quindi spesso rimangono incinta.

Tuttavia, il ricercatore David Grimes dell’Università del North Carolina spiega in una recente ricerca che l’effetto collaterale dell’aumento di peso in realtà è un mito fatto di sessismo e pessime ricerche, e non è il primo a evidenziarlo. Anzi, alcuni studi mostrerebbero addirittura l’effetto opposto.

L’idea di ricorrere agli ormoni a scopo anticoncezionale risale al 1931 ad opera del ginecologo austriaco Haberlandt, ma è solo nel 1958 che i medici Garcia, Rock e Pincus ne hanno fatto la prima vera e propria“pillola”, messa in commercio negli USA nel 1960 e in Europa nell’anno successivo. Il nome commerciale era Enovid (composizione: 150 mcg di mestranolo e 9,85 mg di noretinodrel – da noi Anovlar - 5m mcg di etinil-estradiolo 4 mg di noretisterone acetato), ed elencava tra i possibili effetti collaterali “occasionali aumenti o perdite di peso”.

I foglietti illustrativi delle confezioni delle pillole contraccettive lo citano ancora oggi tra i possibili effetti collaterali non specifici, quelli cioè che è difficile ricondurre puntualmente a un particolare medicinale, nonostante il dosaggio ormonale sia senz’altro inferiore rispetto al passato, e nonostante nei farmaci che sappiamo per certo che fanno ingrassare (es. gli antidepressivi, gli antipsicotici, gli steroidi, …), l’aumento di peso è molto maggiore.

Fare ricerca nel campo è difficile, perché è necessario assegnare in modo del tutto casuale un campione di donne a un gruppo a cui si somministra la pillola anticoncezionale, e un altro a un gruppo a cui si somministra un placebo, ed è comprensibilmente difficile trovare chi si presti a un simile rischio. Così, si è scelto di utilizzare questo stesso disegno di ricerca, ma con donne che ricorrevano alla pillola per ridurre i crampi del ciclo o l’acne. I risultati? Come potete immaginare,  si è constatato che tra chi prendeva la vera pillola e chi prendeva il placebo non c’era nessuna differenza in termini di fluttuazioni di peso. Uguali identiche.

E allora? Come si spiega che molte di noi hanno sperimentato in prima persona un certo aumento di peso quando hanno cominciato a ricorrere alla pillola contraccettiva?
A quanto pare, sembra che si tratti di un effetto placebo al contrario (effetto nocebo), ovvero di una suggestione che diventa una profezia che si auto-avvera. Se mi aspetto di ingrassare insomma, la suggestione è tale che ingrasso veramente. Succede spesso: in uno studio del 2007 ad esempio si è visto che dei 100 uomini italiani con problemi alla prostata coinvolti nella ricerca, coloro a cui era stato detto che avrebbero potuto avere problemi di erezione ne hanno effettivamente sofferto in percentuale significativamente molto maggiore di coloro a cui non era stato detto nulla. Effetto nocebo. La stessa cosa pare accada con l’aumento di peso per la pillola.
Che fare allora? Grimes suggerisce di rimuovere questa indicazione dai fogliettini illustrativi finché non si sia verificato scientificamente che esista un reale legame causa-effetto tra l’assunzione della pillola e l’aumento di peso.
Ne vale la pena, perché per rimanere snelle rischiamo di rimanere incinta.

Fonte: Slate

giovedì 19 gennaio 2012

TELESOFIA - Basta con la dicitura "DONNE E BAMBINI": è degradante




Ieri l'interessantissimo blog Telesofia ha pubblicato un post che condivido con tutto il cuore, e che qui riporto interamente:

"Ieri sera, nell’edizione delle 20.00 del TG5 (su Canale5, ovviamente), è andata in onda la registrazione di una telefonata fra il comandante della capitaneria di porto di Livorno De Falco e il comandante della Costa Concordia Schettino. Il primo ordinava al secondo di tornare sulla nave e comunque di mobilitarsi per assicurarsi quale fosse la situazione e che tutti i passeggeri fossero in salvo, senza venir meno alle proprie responsabilità. Non c’è dubbio che qui il “buono della situazione” in questa telefonata sia il comandante della capitaneria di porto. Sopra c’è il video con la telefonata (anche se il video non è quello del TG5, la telefonata è la stessa).

Ad un certo punto (intorno a un minuto e quindici nel filmato) il comandante della capitaneria di porto dice a Schettino che c’è gente che sta scendendo e quello che gli comanda è: “sale sulla nave e mi dice quante persone e che cosa hanno a bordo. Chiaro? Mi dice se ci sono bambini, donne, o persone bisognose di assistenza. E me ne dice il numero di ciascuna di queste categorie”. Che pugnalata, che tristezza, che rabbia. Le donne inserite insieme ai bambini e alle persone bisognose di assistenza. Che schifezza. Come mi sono sentita insultata. Dico “Bambini, uomini o persone bisognose di assistenza” io? Non direi proprio. 

Forse l’espressione fa parte del codice marinaro? Forse, non lo so. Così anche fosse, sarebbe ora anche passata che venisse cambiato. E in ogni caso è una cosa che sento ancora e ancora in questo genere di situazioni: giornalisti e persone varie ripetono la nenia di “donne e bambini”. Un conto è il caso in cui dicono “donne incinte”, perché evidentemente si tratta di persone in una situazione delicata e di vulnerabilità, ma diversamente non è una formulazione che ha ragione di esistere, ma solo il retaggio di maschilismo e paternalismo. Davvero, se non mi macchiassi della stessa orribile violenza verbale userei “uomini e bambini” per far capire quanto degradante è. Sentirlo così di frequente mi fa venire da piangere, anche per l’impotenza con cui si è costretti a sopportare che venga perpetuata una simile visione discriminatoria. In quanto obliqua e sottile è anche più pericolosa. E sentirlo da “un buono” mi dispiace di più.  Le parole hanno un peso. Le parole sono azioni, come bene dimostra questa situazione". 

Bravissima Telesofia, ben detto! Saliamo a bordo del ventunesimo secolo, ca**o!
Fonte: Telesofia

giovedì 12 gennaio 2012

L'APPRENDISTA LIBRAIO


Sul web c’è un sito spassosissimo che si intitola “L’apprendista libraio – Incontri ravvicinati con i clienti (e non solo) di una libreria di provincia” di Stefano Amato, che seguo regolarmente.

Condivido con voi una perla di saggezza, dal titolo "Solo lei":

Cliente: "C'è solo lei qui?"
Io: "Mi scusi, in che senso?"
Cliente: "Non ci lavora qualcun altro? Una ragazza, magari?"
Io: "No, soltanto io, perché?"
Cliente: "Mannaggia, mi serviva la confezione regalo."


martedì 10 gennaio 2012

IL VERO VOLTO DEL FEMMINISMO


Su ispirazione delle parole di Margaret Mead, che diceva di “Non dubitare della capacità di un piccolo gruppo di cittadini riflessivi e impegnati di cambiare il mondo” nasce il progetto dal titolo “This is what a feminist looks like”, ovvero “Così è fatta una femminista”.

Come funziona? Amy, una ventiquattrenne di origini cino – messicane – americane, ha iniziato a notare l’assenza di varietà nella rappresentazione multietnica del movimento femminista. E così ha deciso di chiedere al mondo di fotografarsi e di farsi vedere, di diventare finalmente visibili come femministe.

Il progetto si è poi espanso al di là della sola prospettiva etnica per abbracciare a tutto tondo le diversità sfaccettate e complesse, ricche, dei diversi volti del femminismo. “Con questo progetto fotografico del blog spero di catturare i molti volti diversi del femminismo”, ha spiegato. “Se credi nella possibilità di cambiare la percezione visiva del femminismo, ti esorto a condividere questo blog (http://feministphotoblogproject.tumblr.com/) con tutti quelli che come te ci credono. Condividilo coi colleghi, coi familiari, con gli amici, con i compagni di classe, con  gli estranei”.

Quello che bisogna fare è scattarsi una fotografia che porti la scritta “This is what a feminist looks like” (“Così è fatta una femminista”) che può apparire nell’immagine originale o che può essere aggiunta poi digitalmente, e inviare la foto all’e-mail: feministphotoblogproject@gmail.com.

Ci siamo, siamo tante e diverse, e possiamo cambiare il volto del femminismo: facciamoci vedere!

giovedì 5 gennaio 2012

VIOLENZA SULLE DONNE: I DATI ISTAT


Lo so, dovrei iniziare l'anno in modo più allegro, ma stavo rivedendo i dati che il Corriere della sera ha pubblicato a fine novembre in un articolo che riporta i più recenti dati Istat sulla violenza sulle donne in Italia. Il risultato? Tra i 16 e i 70 anni è vittima  di violenza una donna su tre. Ecco l’articolo:

ROMA - In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima nella sua vita dell'aggressività di un uomo. Sei milioni 743 mila quelle che hanno subito violenza fisica e sessuale, secondo gli ultimi dati Istat. E ogni anno vengono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata contro la violenza sulle donne, ma c'è ben poco da festeggiare viste le cifre che riguardano gli abusi e i maltrattamenti che subiscono. Quasi 700 mila donne, sempre dati Istat, hanno subito violenze ripetute dal partner e avevano figli al momento della violenza, e nel 62,4% dei casi i figli hanno assistito a uno o più episodi di violenza. Secondo l'Osservatorio nazionale sullo stalking, il 10% circa degli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 ha avuto come prologo atti di stalking, l'80% delle vittime è di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti è di circa un anno e mezzo.

PIÙ LE GIOVANI - Gli ultimi dati Istat sono relativi al 2006 e alla fascia di età 16-70 anni. Raccontano che nei 12 mesi precedenti alla rilevazione il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4%), e che sono le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni (7,9%) a presentare i tassi più alti. Il 3,5% delle donne ha subito violenza sessuale (stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati, attività sessuali degradanti e umilianti), il 2,7% fisica. Lo 0,3%, pari a 74 mila donne, ha subito stupri o tentati stupri. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%.

NON SI DENUNCIA - Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6%). E' consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite.

PIÙ TIPI DI VIOLENZA - Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale e la maggioranza delle vittime ha subito più episodi di violenza. Tra le violenze fisiche è più frequente l'essere spinta, strattonata, afferrata, l'avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7%), l'essere minacciata di essere colpita (52,0%), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1%). Segue l'uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l'essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l'aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1%).

PARTNER RESPONSABILI MAGGIORANZA STUPRI - Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini. I partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, e sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché‚ i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente, l'11,4% e il 9,1% dei partner.

VIOLENZA PSICOLOGICA - La subiscono 7 milioni 134 mila donne: le forme più diffuse sono l'isolamento o il tentativo di isolamento (46,7%), il controllo (40,7%), la violenza economica (30,7%) e la svalorizzazione (23,8%), seguono le intimidazioni (7,8%). Il 43,2% delle donne ha subito violenza psicologica dal partner attuale; 1 milione 42 mila donne hanno subito oltre alla violenza psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5% delle vittime di violenza fisica o sessuale.

PRIMA DEI 16 ANNI - Un milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6% del totale. Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti, solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Un quarto delle donne vittime prima dei 16 anni ha segnalato un conoscente (24,7%), un altro quarto un parente (23,8%), il 9,7% un amico di famiglia, il 5,3% un amico. Tra i parenti gli autori più frequenti sono stati gli zii. Il silenzio è stato la risposta maggioritaria: il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell'accaduto”.


Speriamo che nel 2012 le cose vadano meglio...