venerdì 30 dicembre 2011

IL FUTURO DEL FEMMINISMO


Quest’anno Scott Adams, il vignettista che disegna il personaggio che vedete nell’immagine qui sopra, ha dichiarato: “La verità è che le donne vengono trattate in modo diverso dalla società per la stessa ragione per cui vengono trattati in modo diverso gli handicappati mentali e i bambini. È più facile per tutti. Non ci si mette a discutere con un bambino di quattro anni sul motivo per cui non dovrebbe mangiare caramelle per cena. Non si dà un pugno a un ragazzo mentalmente handicappato, anche se ti ha colpito prima lui. E non ci si mette a discutere quando una donna ti dice che guadagna solo 80 centesimi per ogni dollaro che guadagni tu. È meno faticoso. Risparmi le tue energie per battaglie più importanti".

Sì, quest’anno che sta per chiudersi ci ha regalato perle come questa, e sappiamo tutte che non è l’unica dichiarazione assurdamente sessista che sia stata fatta.

Ma quest’anno sta per finire, e con l'anno nuovo si pensa al futuro, ai progetti, alle aspirazioni, a ciò che ci aspetta. Ci si pensa personalmente, ma anche a livello globale, e personalmente in questi giorni ci ho pensato anche rispetto al tema delle donne. Non sono l'unica comunque pare, perché su Twitter si è tenuta una sorta di tavola rotonda sul futuro del femminismo condotta da Abigail L. Collazo e www.Fem2pt0.com.
Essenzialmente sono emersi due punti importanti. Il primo è che la nuova generazione di femministe non intende focalizzarsi su una singola tematica ma, anche a rischio di essere dispersiva, pone come comprimari il diritto di vedersi riconosciuta la libertà di scelta riproduttiva, di essere pagate quanto gli uomini per lo stesso lavoro (Adams, fattene una ragione), di essere appropriatamente presenti nelle posizioni manageriali e nella rappresentanza politica, così come nel mondo della cultura contemporanea, e di vivere libere dallo spettro della violenza. Il diritto di essere persone, insomma - al pari di tutti gli altri, al pari degli uomini.
Non c’è una singola questione di punta quindi: il punto è proprio che è necessario una avanzamento globale, complessivo in cui un tema non va a discapito di un altro, ma anzi contribuisce a spostare l’asse del discorso in modo che consenta anche alle altre questioni di procedere verso un migliore equilibrio di giustizia e parità tra i sessi.
Il secondo punto riguarda la necessità, perché questo sia possibile, di organizzarsi in modo che contenuto e processo coincidano. Cioè, se vogliamo portare avanti tutti i nostri diritti e non solo uno di punta, dobbiamo pensarci come tutte (e tutti) coinvolti in un impegno quotidiano, e non demandare a una singola leader il compito di portare avanti la battaglia per noi. Certo, una figura carismatica può essere fondamentale per incidere in modo sia diretto che indiretto (come fonte di ispirazione e modello) su ciascuno di questi temi, ma l’impatto fondamentale lo possiamo avere noi.
Come? Incoraggiandoci l’un l’altra, promuovendo la rappresentanza femminile nelle posizioni di potere, rispondendo al sessismo, rifiutando le dinamiche di rivalità reciproca imposte dal patriarcato, informandoci sui nostri diritti, e in molti altri modi quotidiani e concreti. Il punto è che dobbiamo fare noi il primo passo, anche quando ci accorgiamo che le donne intorno a noi stanno cadendo nella trappola di quella rivalità e acidità reciproca tanto amata dal patriarcato. Iniziamo noi a mostrare attivamente che rifiutiamo questo squallido schema che ci indebolisce e che conferma i peggiori stereotipi sulle donne.
E per favore, non consideriamo le uscite tra amiche come il piano B di quando abbiamo litigato col fidanzato. L'amicizia tra donne non è un tappabuchi, un premio di consolazione in assenza di meglio, da abbandonare appena si intravede un uomo. Può essere la nostra più grande risorsa.
Per l'anno nuovo insomma, la voce dell'attivismo contemporaneo ci invita a sostenerci a vicenda, in modo che insieme possiamo sollevare tutte le questioni che, come donne, ci stanno a cuore. Questo è il futuro del femminismo, e può cominciare oggi.

mercoledì 28 dicembre 2011

"SE VI DICO FEMMINISMO..."


Frequenze di Genere è una trasmissione radiofonica che va in onda su Radio Città Fujiko tutti i venerdì dalle 13.30 alle 14 e che è costituita da una serie di puntate monografiche che approfondiscono di volta in volta diversi temi con una chiave di lettura “di genere”. L’obiettivo, come spiegato dal sito, è di analizzare “gli effetti che la cultura e le dinamiche interne alla società hanno sulle vite di donne e di uomini”, di essere “uno stimolo alla riflessione sullo status quo e sulle possibilità di cambiamento, […] uno spazio di confronto aperto a tutti, in cui ascoltatrici e ascoltatori possono interagire suggerendo argomenti e partecipando attivamente” alle diverse rubriche.

Una di queste rubriche è “Se vi dico femminismo”, che riporta i contributi di ascoltatori e ascoltatrici alla domanda: “Se vi dico femminismo, cosa vi viene in mente?”

“La parola femminismo”, spiegano, “ha assunto nel tempo significati e connotazioni profondamente diverse, così come diverse sono le immagini che rievoca nella testa di ognuno di noi. Nel corso degli anni questa parola è stata spesso travisata, esagerata, abusata, acquistando infinite sfumature ed evolvendo sotto i nostri occhi. Senza che ce ne accorgessimo”.

La finestra radiofonica si apre a chi vuole rispondere a questa interessante domanda lasciando un commento alla pagina http://frequenzedigenere.wordpress.com/se-vi-dico-femminismo/ o mandando una semplice e-mail all’indirizzo frequenzedigenere@gmail.com.

Le risposte ricevute in redazione vengono poi lette nel corso della trasmissione e chi lo desidera può intervenire anche a voce.

E quindi - se vi dico femminismo, a voi che cosa viene in mente?

martedì 20 dicembre 2011

PER NATALE VORREI… UN PO’ MENO SESSISMO




Caro Babbo Natale,
qualche giorno fa ho letto un interessante post sull’ottimo blog Un altro genere di comunicazione in cui si mostravano queste due fotografie tratte dal catalogo Auchan che arriva nelle case di tutti noi.
Noti qualcosa?
Dunque, ti aiuto io. Per i bambini il mondo è colorato, diverso, pieno di possibilità; per le bambine il mondo è rosa. E poi rosa. E ancora rosa. Solo rosa. Vedi?

Il mondo dei bambini comprende viaggi, lavori, avventure, movimento. Per le bambine ci sono bambolotti, trucchi e infinite varianti di elettrodomestici. Ebbene sì, l’uomo è destinato a realizzarsi facendo grandi cose nel mondo, la donna rimarrà a casa ad accudire i bambini, a passare l’aspirapolvere, a rendersi attraente, a fare la lavatrice, a cucinare, … Sembrerà una cosa da poco, ma penso che invece sia grave e importante perché i messaggi impliciti sono i più difficili da rifiutare e da scardinare, e le bambine rischiano di crescere identificandosi in modo a-problematico in questo modello perpetuandolo così di generazione in generazione. Niente di male a fare le mamme o a cucinare, intendiamoci: il problema è che c’è solo questo. Nessun’altra possibilità: una condanna.

Allora io, caro Babbo Natale, quest’anno ti chiedo questo: una maggiore uguaglianza e più possibilità sia per i bambini che per le bambine, sia per gli uomini che per le donne.
E non lo voglio solo sotto l'albero: lo voglio ovunque e tutti i giorni. Perché siamo state brave, fin troppo.
E allora, la prossima tutina per la bimba sia pure rosa, ma porti la scritta: “Macché principessa, chiamatemi presidente”!

martedì 13 dicembre 2011

"LA DONNA SIA SOTTOMESSA AL MARITO"


Su Pontifex Roma è stato pubblicato un articolo di Bruno Volpe in cui si riportano le dichiarazioni di Monsignor Vincenzo Franco, vescovo Emerito di Otranto. Penso valga la pena riportarlo interamente, e lo lascio così – aperto, senza commenti.

"La Chiesa celebra con gioia la Presentazione di Maria ad Elisabetta. Ultima tappa di maggio, mese dedicato, specie dalla pietà popolare a Maria, la beata e tutta santa, colei che ha dato la vita al Salvatore. Di lei parliamo con Monsignor Vincenzo Franco, vescovo Emerito di Otranto. Eccellenza, che cosa rappresenta questa festa?: “Credo che il significato sia molto, ma molto chiaro e semplice. La sua grandezza é appunto questa, sapere di essere la Madre di Dio e aiutare una persona. Maria ha vissuto la vita cristiana con coerenza, lei ha sempre creduto. Il senso di questa festa é l'esaltazione della semplicità di Maria”. La donna di oggi forse dovrebbe ispirarsi a lei: "Certo, ma purtroppo i tempi sono radicalmente cambiati e direi in peggio, con donne spesso ribelli nel nome di un femminismo esagerato, che pretende di cambiare il corso della natura e della storia. Non lo dico io, ma San Paolo: la donna sia sottomessa al marito che rimane pur sempre il capo della famiglia non per capriccio, ma per rispetto di un ordine costituito. Queste cose, che non ho inventato io, ma sono nella scrittura, andrebbero ribadite con maggior fermezza, ma oggi spesso si sorvola per quieto vivere”.

Eccellenza, Silvio Berlusconi ha subito critiche anche feroci per una battuta (probabilmente inopportuna vista la sede) su Mussolini, lei che quell' epoca ha vissuto che cosa ne pensa?: "Io non sono uno storico e la mia risposta é soggettiva. Ritengo comunque che accanto a indubbi aspetti negativi, Mussolini non ha fatto solo del male e che non sia il male assoluto il diavolo. Ogni personaggio storico va visto con pregi e difetti. Ha avuto il merito, forse anche in maniera interessata, di rispettare la Chiesa cattolica, cosa che non sempre oggi avviene”.

Tema omosessualità, la Chiesa la considera disordine grave e peccato quando si traduce in atti contro natura: "Ho letto di alcune critiche alla Santa Sede per la sua presa di posizione all'Onu in tema di depenalizzazione della omosessualità. Io ritengo che vada sempre usata misericordia e delicatezza, evitare le dimiscriminazioni. Ma la omosessualità, se tradotta in pratica, diventa una cosa contraria alla pubblica decenza e come tale ritengo opportuno che sia considerata penalmente rilevante”.

In Italia aumentano gli islamici: "Tra poco saremo una colonia islamica e i cristiani devono reagire. Questa gente viene alle parrocchie, riceve pacchi di viveri e nemmeno si degna di dirti grazie. Il nostro compito é fare gratuitamente la carità anche a loro, ma vedo che la nostra nazione sta cedendo con un atteggiamento spirituale e religioso troppo tollerante con gli islamici, pensiamoci”.

E forse siamo troppo tolleranti anche verso le donne che vengono violentate, perché secondo Monsignor Arduino Bertoldo, vescovo emerito di Foligno, "Se una donna cammina in modo sensuale o provocatorio, qualche responsabilità nell'evento ce l'ha perché anche indurre in tentazione é peccato. Dunque una donna che camminando in modo procace suscita reazioni eccessive o violente, pecca in tentazione".

Ecco, così, per dire, se poi ci si chiede perché tante volte le persone si allontanano dalla chiesa, qui potrebbe esserci un suggerimento. Sì, perché, scusate, forse mi ero dimenticata di specificare - le donne sono persone.

domenica 4 dicembre 2011

ABORTIRE TRA GLI OBIETTORI



Condivido con voi l’importante articolo di Cinzia Sciuto pubblicato il 3 dicembre 2011 su “D” di Repubblica.
"Abortire tra gli obiettori - I ginecologi non obiettori strutturati negli ospedali italiani sono circa 150, e il loro numero diminuisce costantemente. E le interruzioni di gravidanze tornano a essere un incubo. Che aggiunge dolore a dolore.
È l’alba, le prime luci del nuovo giorno iniziano a penetrare nella stanza dove Francesca nel suo letto piange in silenzio. Tra poco inizierà la procedura per l’induzione di un travaglio simile a quello di un parto. Ma Francesca non deve partorire, deve abortire. La nuova vita che porta in grembo da 23 settimane è affetta da una gravissima malformazione del cervello, la oloprosencefalia. Francesca Pieri, che all’epoca aveva 35 anni, è ricoverata già da due giorni in un grande ospedale romano ma non ha ancora iniziato la procedura di induzione, che consiste nell’introduzione nell’utero di ‘candelette’ di prostaglandina per stimolare le contrazioni del travaglio. Fino alla 12ma settimana l’interruzione di gravidanza avviene tramite raschiamento, ma dopo il feto è troppo grande ed è necessario un vero e proprio travaglio di parto.
«Il giorno del ricovero», racconta, «è servito per il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche. Il secondo invece non ho fatto niente, ho semplicemente aspettato». Quel giorno infatti erano di turno solo medici obiettori, che si sono rifiutati di avviare la procedura di induzione. Francesca quindi ha trascorso tutto il giorno in mezzo a donne in travaglio, bambini appena nati, nonni euforici, fiori e regali, in attesa del medico non obiettore che le introducesse la prima candeletta. Era da sola, con quella vita sospesa in pancia e un profondo dolore nel cuore. Non le rimaneva altro che piangere, in silenzio. Ma anche il pianto le è stato negato: «Signora, cosa piange? Si prepari, questo sarà il giorno più lungo della sua vita». La voce è arrivata dal corridoio, proprio alle prime luci dell’alba. È l’ora del cambio turno, finalmente sta per arrivare un medico non obiettore ma il suo collega prima di andarsene ha voluto lasciare il segno. Sono passati molti anni, ma quelle parole fredde come il ghiaccio Francesca ce le ha scolpite nella testa, e non le dimenticherà mai.
E lei è stata persino «fortunata»: una volta che ha iniziato la procedura di induzione, che è durata in totale un giorno e mezzo, non ha più incontrato medici obiettori. Al contrario di Gea Ferraro, che al quarto mese di gravidanza scopre che il suo bambino è affetto da trisomia 18, una patologia talmente grave da essere definita dai medici ‘incompatibile’ con la vita. Gea, che quel figlio l’aveva tanto desiderato, decide di interrompere la gravidanza. Contatta personalmente una ginecologa non obiettrice che lavora in un altro ospedale della capitale (e che preferisce non essere citata: «Facciamo già tanta fatica a lavorare, non voglio crearmi ulteriori inimicizie tra i colleghi»). La dottoressa programma il ricovero in maniera da farlo coincidere con il proprio turno. L’induzione viene avviata, ogni 3 ore viene inserita una candeletta, ma nel frattempo c’è il cambio turno, Gea guarda l’orologio, si accorge che sono passate più di 3 ore dall’ultima somministrazione e chiede perché non le venga inserita la terza candeletta visto che il travaglio non si è ancora avviato: «Io queste cose non le faccio», si è sentita rispondere. Gea ha quindi aspettato, non ricorda neanche quanto, finché qualcuno è venuto a somministrarle la terza dose del farmaco. Il suo travaglio è durato 18 ore.
Quello dell’aborto sta diventando sempre più un percorso a ostacoli, nel quale le donne – già provate da una delle scelte più dolorose della loro vita – devono fare lo slalom tra ostacoli burocratici e medici obiettori. Obiettori che aumentano sempre di più: secondo i dati forniti dal ministero della Salute si è passati, tra i ginecologi, dal 58.7% del 2005 al 70.7 nel 2009. Ma il numero di medici realmente preposti alle interruzioni di gravidanza, soprattutto agli aborti terapeutici, è ancora più basso di quel che sembra: «Gli aborti entro la dodicesima settimana», spiega Silvana Agatone, presidente della Laiga, un’associazione che riunisce i ginecologi in difesa della 194, «sono fatti in day hospital, si tratta di interventi programmati, la cui durata è nota e per i quali è possibile chiamare medici ‘a gettone’». Cosa che invece non è possibile per gli aborti terapeutici, quelli oltre i 3 mesi, che, come abbiamo visto, possono essere anche molto lunghi e dunque hanno bisogno di essere seguiti da personale strutturato.
«Poiché non esiste un elenco dei medici non obiettori», continua la dott.sa Agatone,«abbiamo fatto una indagine empirica, dalla quale risulta che i ginecologi non obiettori strutturati dentro gli ospedali italiani sono circa 150 e, poiché i giovani non sembrano particolarmente sensibili a questo problema, c’è il rischio concreto che man mano che gli attuali medici non obiettori vanno in pensione non vengano sostituiti». Al Secondo Policlinico di Napoli, per esempio, dallo scorso luglio a effettuare gli aborti è rimasto solo un medico, che è anche il responsabile del Centro per le interruzioni di gravidanza dell’ospedale. Strano destino quello dell’obiezione di coscienza, che, come scrive Chiara Lalli nel suo recente libro C’è chi dice no (Il Saggiatore), «ha subìto negli ultimi anni un vero e proprio stravolgimento e oggi è spesso usata come un ariete per contrapporsi ai diritti individuali sanciti dalla legge».
L’obiezione di coscienza nasce infatti per opporsi a un obbligo universale che riguardava tutti i cittadini (maschi) e a cui non era possibile sottrarsi: l’obbligo di leva. Chi sollevava l’obiezione di coscienza andava incontro a pesanti conseguenze, persino penali, come raccontano alcuni obiettori della prima ora nel libro di Lalli. Il moderno obiettore, invece, non solo non paga nessuno scotto per la sua scelta, ma, al contrario, ne ottiene indubbi vantaggi, sia in termini di soddisfazione professionale che di carriera. È per questo che il numero degli obiettori è vertiginosamente salito negli ultimi anni: fare aborti non è certamente gratificante e l’obiezione di coscienza – fatti salvi coloro che la sollevano per convinzione – è un’ottima scappatoia offerta dalla legge per sottrarsi a una parte sgradevole del proprio lavoro. Una legge che però è molto chiara: l’obiezione di coscienza può essere sollevata esclusivamente in relazione al «compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza».
Non può essere legittimamente sollevata, per esempio, per rifiutarsi di somministrare un analgesico durante il travaglio abortivo oppure di fare il raschiamento dopo l’espulsione del feto, ad aborto già avvenuto, o ancora di certificare lo stato psicologico della donna. Sono invece tante le testimonianze che le donne affidano soprattutto ai forum in rete e che raccontano di travagli durati molte ore, se non giorni, senza il minimo sostegno farmacologico né psicologico. Donne che portano avanti il travaglio abortivo in stanza, affianco ad altre: Francesca ricorda che la ragazza che era in stanza con lei ha espulso il feto sul suo letto, lì affianco, da sola, mentre lei iniziava ad avere le prime contrazioni. Un’altra donna racconta su un forum: «Mi hanno indotto il parto per 12 ore per poi essere lasciata sola al momento dell’espulsione del feto. Mi hanno lasciato la mia bambina in mezzo alle gambe e in mezzo al sangue per 4 ore e nessuno si è degnato di venire a vedermi». Anche Laura Lauro, napoletana, che ha abortito alla 21ma settimana, ricorda che al momento dell’espulsione è stata lasciata sola: «Ho espulso un feto vitale, nessuno si è preoccupato di tagliare subito il cordone e portarlo via. Quando l’ho sentito che mi sfiorava le cosce ho urlato perché lo portassero via subito».
Tutto questo però ha solo in parte a che fare con l’obiezione di coscienza. Se infatti il singolo medico può rifiutarsi di praticare l’aborto, la struttura sanitaria è in ogni caso obbligata – è sempre la 194 a stabilirlo – a garantire il servizio di interruzione di gravidanza e i «procedimenti abortivi devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna». Dignità che invece è troppo spesso calpestata. Un’altra donna racconta su un forum il suo calvario: dopo essersi sottoposta a vari tentativi di procreazione medicalmente assistita, rimane incinta di due gemelli. Alla ventesima settimana perde uno dei due. Dopo una decina di giorni rifà l’ecografia: «Liquido amniotico inesistente, arti inferiori oramai infilati nel canale», non c'è più niente da fare neanche per il secondo. Ma il battito c’è ancora, chissà per quanto, e quindi per procedere all’aborto terapeutico c’è bisogno del certificato dello psichiatra, ma quello in turno è obiettore e si rifiuta di firmarlo: «La sera un medico con la coscienza e l’umanità che a qualcuno ancora rimane, prende la responsabilità di togliermi dall’incubo, una pasticca, una sola basta per avere un altro travaglio».

Troppo spesso i dibattiti sull’aborto non fanno i conti con le esperienze concrete che le donne vivono sulla propria pelle. Per Francesca – che oggi ha altri due bambini ma che si sente pienamente madre anche di quella figlia mai nata – l’aborto è stato un discrimine nella sua vita, un momento che ha segnato un prima e un dopo. E non riesce proprio a capire l’accanimento dei sedicenti sostenitori della vita: «Come se io fossi per la morte! La verità è che ogni esperienza è a sé. Io stessa, pur non essendo affatto pentita della mia dolorosa scelta, non so dire cosa farei se mi dovessi trovare di nuovo nella stessa situazione. So però che la sola idea di non poter decidere mi atterrisce. È per questo che sarei disposta anche a incatenarmi perché sia garantita a ogni donna la possibilità di scegliere».
(Cinzia Sciuto - 3 dicembre 2011)

SE NON LE DONNE, CHI?




Il comitato promotore di Se non ora quando? Ha scritto una lettera a tutte le donne d’Italia chiamando a una nuova mobilitazione che si terrà l’11 dicembre 2011 in tutte le città d’Italia. Ecco che cosa dice:
 

"Care donne che eravate in piazza con noi il 13 febbraio, a rivendicare dignità e rispetto, care tutte le altre, italiane per nascita o per scelta.

Care donne che non hanno perso il coraggio, la voglia di esserci, il progetto di contare, la speranza di uscire da questi anni di fango.
 
Care donne singolari e plurali, diverse l’una dall’altra, sorelle compagne amiche, figlie e madri, siamo di nuovo qui, tutte unite, perché tutte unite siamo una forza e con “una forza” è ora che facciano i conti. Tutti.

Siamo una forza, per quante siamo e per come siamo.

Siamo quelle che tengono insieme affetti e lavoro, cura e responsabilità, libertà e senso del dovere.

Siamo quelle che il diritto di essere cittadine se lo guadagnano giorno per giorno sulle barricate della vita quotidiana.

Non c’è da uscire solo da una crisi economica, ma da una crisi politica, una crisi istituzionale, una crisi morale, da una logica, un immaginario, un ordine.

In questo passaggio difficile non possiamo tirarci indietro, perché non può tirarsi indietro chi regge questo paese sulle proprie spalle.

Le donne non possono mancare per ridare all’Italia la dignità che ha perso, per ridarle credibilità, nel mondo, in Europa. Perché vogliamo restare in Europa e lavorare per un suo reale governo politico. Ma soprattutto non possono mancare per una politica che sia radicata alle necessità vere di donne e uomini.

Democrazia vuol dire donne e uomini insieme al governo, capaci di far parlare le loro vite diverse.

E anche così dovranno essere democratiche le aziende, le banche, le istituzioni, le fondazioni, le università. Tutto.

E che nessuno ci venga a dire che questo non è il momento.

Per anni abbiamo votato una rappresentanza irregolare, composta da una maggioranza schiacciante di uomini. Abbiamo votato in cambio di niente, infatti questo paese non ci somiglia, non ci racconta. Ma adesso basta.

Adesso, attenti: una donna un voto. Quando chiederanno il nostro voto non lo daremo più né per simpatia, né per ideologia, ma solo su programmi concreti e sulla certezza dell’impegno di 50% di donne al Governo. Il 50% non è quota rosa, non serve a tutelare le donne, serve a contenere la presenza degli uomini, non è un fine, ma solo un mezzo per rendere il paese più vivibile ed equilibrato, più onesto, più vero.

I partiti indifferenti perderanno il nostro voto.

E voi uomini, che ci siete stati amici, che ci avete seguiti nelle piazze del 13 Febbraio, credetelo: la nostra forza è anche la vostra. E’ per un bene comune che stiamo lottando. Un Paese senza la voce delle donne è un paese che va a finir male, verso una società triste e lenta, ingiusta, immobile, volgare e bugiarda.

Bisogni e desideri delle donne possono già essere un buon programma di governo. Sappiamo più degli uomini quanto oggi sia difficile vivere, difficile lavorare, mettere al mondo figli, educare, difficile essere giovani, difficile essere vecchi. Le nostre competenze non le abbiamo guadagnate solo sui libri, ma anche dalla faticosa e spesso terribile bellezza della vita delle donne.

La nostra storia ci insegna che non serve lamentarsi. Non ci basta più quella specie di società equilibrista e funambola che abbiamo inventato, in completa assenza dello Stato, per poter vivere decentemente e far vivere decentemente.

La società civile è più donne che uomini.

E’ora di cambiare, cittadine!”

E voi ci sarete?


DATE PIÙ LIBRI A LANGONE: SCRIVERÀ MENO IDIOZIE




Sicuramente avete già letto dell’articolo di Camillo Langone pubblicato lo scorso 30 novembre da Liberodal titolo “Togliete i libri alle donne: torneranno a far figli”. Ammetto che avrei voluto una sollevazione più coesa e inappellabile dalle fonti più autorevoli e riconosciute dell’informazione italiana, ma per fortuna se ne è parlato comunque abbastanza, almeno in rete.

Di che cosa si tratta esattamente? L’articolo propone una personale (diciamo così) visione sull’andamento demografico italiano: “Disgraziatamente la piramide demografica italiana è stretta alla base (pochi giovani), gonfia in mezzo (tantissimi quarantenni) e piuttosto larga in alto (molti vecchi)”, scrive Langone. E aggiunge, con allegra e disinvolta xenofobia: “Per non far cascare a terra il trottolone italiano bisogna dargli un appoggio e i puntelli possibili sono soltanto due: nuova immigrazione e nuova prolificazione.
Il primo non me lo auguro: mi capita sempre più spesso di trovarmi completamente circondato da stranieri (alla stazione di Brescia, in viale IV Novembre a Reggio Emilia, sui regionali notturni in partenza da Bologna...) e mi sembra di vivere un incubo. Preferisco il secondo puntello però bisogna convincere gli italiani a riaccettare il duro lavoro di padri e di madri”.

Ed ecco la ricetta: “Ebbene, gli studi più recenti denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze».
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me”.

Eppure, così non dicono i numeri, e quindi me la prendo con lui. Lo so, lo so, scrivere questo post fa il gioco di Langone, che in fondo vuole far parlare di sé e ci è riuscito, ma davvero non posso tacere, e non solo perché di fatto Libero beneficia di milioni di euro di finanziamento pubblico.

Con le parole di Loredana Capone, che mi sento di condividere, “considerare le donne alla stregua semplicemente di mammiferi credo che sia veramente compiere una violenza verbale verso le donne, una violenza psicologica, una violenza che non tiene conto delle loro capacità, dei loro meriti, dei loro saperi, della possibilità di crescere loro e di far crescere la comunità”.

Come commenta Rita Riccardo in un bell’articolo de Il fatto quotidiano, “Prendendo per buona la notizia, e stando al dato nudo e crudo, Langone avrebbe comunque potuto azzardare interpretazioni assai diverse, perfino opposte. Per esempio avrebbe potuto arguire che le donne più acculturate rimangono nubili perché non trovano uomini sufficientemente interessanti. A quel punto avrebbe costretto Libero a titolare così: “Date più libri agli uomini, che forse qualcuna se li accatta”.Oppure, con maggior rigore, avrebbe potuto dare la colpa all’organizzazione sessista della nostra società, il cui welfare di fatto non consente pari opportunità per uomini e donne, obbligando quest’ultime a scegliere tra diventare ruspanti casalinghe con famiglia o evolute single senza figli. Che non è una scelta”.

Ancora, come ricorda Chiara Levi, la content manager di Alfemminile.com, la ricerca citata nell’articolo è stata condotta nel 2002 a proposito delle famiglie monoparentali americane e della loro evoluzione dagli anni ’60: “Ci domandiamo, se l'obiettivo è quello di esaminare il calo di natalità del nostro paese negli ultimi anni, che valore possa avere uno studio di questo genere”, osserva la Levi. E continua: “Senza dubbio (e la stessa ricerca di Harvard del 2002 lo afferma) le donne che studiano di più posticipano i tempi per il primo figlio, mentre le donne che per esempio non si laureano, affrontano la prima gravidanza in anticipo. Nulla di nuovo direte voi. E infatti non c'è bisogno di nessuna ricerca per comprendere la cosa. Si tratta di una vera banalitàspacciata come “incredibile scoperta”.

Perché? Perché il modello conservatore ed estremista della donna che non studia e non lavora e che si dedica alla procreazione non esiste più, e le donne che oggi scelgono di non proseguire gli studi non programmano certo di passare la vita come le loro bisnonne facendo 6 o 8 figli. Per lo meno non la maggioranza. Se il modello che Langone propone è quello di inizio '900 credo che debba mettersi il cuore in pace, e accettare la realtà attuale.

Langone dovrebbe sapere anche che le donne che studiano di più di solito lavorano di più (e hanno uno stipendio che aiuta loro e la famiglia a vivere meglio) e che sono proprio le lavoratrici a fare più figli. A dirlo non è una ricerca fatta 10 anni fa dall'altra parte del mondo, ma lo studio di Maurizio Ferrera, professore ordinario presso la facoltà di Scienze Politiche di Milano, che nel suo libro Fattore D(Mondadori, 2008) afferma, dati italiani ed europei alla mano, che sono le donne lavoratrici quelle che fanno più figli”.

Così dicono i numeri: che Langone non se la prenda con me.



martedì 29 novembre 2011

NON C'È TRUCCO


Nell’ultimo periodo sono molte le ragazze e le donne che seguono su Youtube i video sul trucco. Sono tutorial, recensioni di prodotti, condivisioni di acquisti, suggerimenti di truccatori professionisti e contributi di ragazze e donne (ma anche uomini e ragazzi) che amano il mondo del make-up e desiderano condividerlo con altri appassionati. 

A volte alcuni filmati contengono delle riflessioni più personali. Il video che condivido con voi oggi è proprio uno di questi, girato in occasione della giornata contro la violenza sulle donne dalla ormai celeberrima Giuliana – Makeup Delight. I suoi video sono freschi, competenti e simpatici, e il suo stile capace e al tempo stesso divertente e divertito ha fatto di lei una delle principali guru italiane del tubo, tanto da sfociare in una pubblicazione sul tema. 

Questa volta però Giuliana quello stesso stile che la ha resa un punto di riferimento quotidiano per tante persone lo ha messo a disposizione di un tema davvero serio e importante. È un gesto significativo che apprezzo molto perché il numero di iscritti al suo canale è elevato, la sua voce ha autorevolezza presso chi la segue e può lasciare una traccia che messaggi magari più formali o “professoriali” non riescono a lasciare.

Un ringraziamento di cuore a Giuliana perché non si faccia mai finta di non vedere.

lunedì 28 novembre 2011

I LIBRI FEMMINISTI DA LEGGERE



Si avvicina il Natale, con pacchi e pacchetti da regalare. Per chi sta pensando di festeggiare tra le pagine di un libro e/o di regalarne uno, fioccano in questo periodo le liste dei libri più belli dell'anno e simili. I lettori della splendida rivista Ms. Magazine hanno scelto una lista dei 100 libri di saggistica che, con una grande varietà di temi, prospettive e passioni, offrono uno scorcio sul femminismo e sull’esperienza di essere donna.
Nell’elenco finale sono presenti titoli sulla comunicazione uomo-donna, sull’immagine del corpo femminile, sugli stereotipi di genere, sull’impatto delle letture femministe, sulla psicologia femminile, sull’esperienza lesbica, sulla maternità, sulla rappresentazione delle donne nella cultura pop, sulle dinamiche lavorative, sul femminile nelle religioni, sul sesso, sull’aborto, sul ciclo mestruale, sull’anoressia, etc.
In origine quindi i libri scelti erano 100. Purtroppo, la prima cosa che salta all’occhio è che solo un quarto dei lavori citati è disponibile in Italia, e parecchi dei libri che sono stati tradotti sono disponibili solo in teoria, perché fuori catalogo e non più acquisibili. Certo, il catalogo italiano offre senz’altro libri che in quello statunitense sono assenti – se non altro quelli di autori italiani -, ma il rapporto tra la produzione estera e la nostra su questo tema è davvero desolante, in termini anche solo numerici. Peraltro, alcuni testi in realtà ci sta che non li abbiamo tradotti (anche se sarebbero comunque interessanti), perché specifici della cultura in cui sono stati concepiti (vedi ad es. “The Body Project: An Intimate History of American Girls” di Joan Jacobs Brumberg, o “Century of Struggle: The Women’s Rights Movement in the United Statesdi Eleanor Flexner). Altri però costituiscono dei classici talmente fondamentali, o dei testi contemporanei talmente rilevanti nel dibattito contemporaneo che la loro assenza rappresenta davvero una voragine per il tessuto riflessivo che può intavolare la nostra cultura nazionale.
Vi propongo qui di seguito la lista dei titoli che potete trovare nelle librerie italiane, o tentare di trovare, nel caso dei testi fuori catalogo, di modo che chi avesse voglia possa esplorarli.
1.      Una storia tutta per noi. Lillian Faderman: un'antologia, di Faderman Lillian – Come si evince dal titolo, offre una selezione di saggi della storica, letterata e scrittrice lesbica Lillian Faderman, con l’intento di percorrere la storia delle molte donne che hanno amato altre donne, ciascuna nella cornice del contesto sociale del suo tempo;
2.      Con voci diverse. Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan, a cura di Beccalli e Marcucci – Il testo propone una riflessione sul percorso intellettuale della psicologa americana esperta di differenze di genere Carol Gilligan nonché sull'impatto del pensiero della differenza sessuale nei diversi ambiti disciplinari e nella contemporaneità. Ho preso questo libro qualche mese fa, ma devo ancora leggerlo;
3.      Quando Dio era una donna, di Stone Merlin – Il libro narra la storia della Dea venerata quale saggia creatrice e fonte di ordine cosmico tra il Mediterraneo e il Medio Oriente e documenta la lunga fase del contrastato passaggio dai culti matriarcali a quelli patriarcali, culminati con il declassamento della Dea a creatura debole e depravata;
4.      Uomini si diventa, di Chabon MichaelÈ una bellissima raccolta di saggi, che ho letto e regalato, in cui Chabon riflette e si rivela come figlio, marito e padre al tempo stesso con leggerezza e profondità. Il femminismo che traspare dalle sue pagine permette di assaggiare la possibilità di una cultura di rispetto tra i sessi esposta non in modo militante, ma come parte naturale della filosofia di vita personale e familiare;
5.      Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, di Hooks Bell – Si tratta di una raccolta di dieci saggi prodotti dal 1991 ad oggi da Gloria Jean Watkins (qui nel suo pseudonimo militante);
6.      Le donne non chiedono. Perché le donne contrattano meno degli uomini negli affari, nella professione, nella vita privata, di Babcock Linda e Laschever SaraÈ una sorta di manuale pragmatico e divulgativo per migliorare la capacità delle donne di negoziare;
7.      Stone butch blues, di Feinberg Leslie – Un libro che narra le vicende transgender di Jess Goldberg;
8.      Io sono emozione. La vita segreta delle ragazze, di Ensler Eve – L’autrice de I monologhi della vagina (vedi più avanti) dà il microfono ad adolescenti di ogni parte del mondo per esprimersi nelle loro solitudini, insicurezze, soprusi, imposizioni e per esporre la falsità del mito delle adolescenti frivole e senza pensieri;
9.      Autostima. Un viaggio alla scoperta della nostra forza interiore, di Steinem Gloria – Ho una feroce antipatia verso il costrutto di autostima, per cui non penso che leggerò questo libro, ma di solito apprezzo la Steinem. Questo suo intervento vuole contribuire alla comprensione dell’importanza dell’equilibrio e del rispetto di sé per le donne;
10.  Tutto sull'amore. Nuove visioni, di Hooks Bell – Il testo cerca di offrire risposte sui temi della paura, della solitudine, della mancanza d'amore, del bisogno di spiritualità, considerando l’amore come grande motore intelligente che alimenta la speranza e tiene viva l'immaginazione di un mondo;
11.  Terra madre. Sopravvivere allo sviluppo, di Shiva Vandana – La fisica indiana Vandana ha abbandonato una sicura carriera nel programma di energia nucleare nel suo Paese, denunciandone le possibili ripercussioni sull'uomo e l'ambiente, e diventando all’istante una tra le più note attiviste del movimento ecologico internazionale nonché leader del World Social Forum. In questo libro propone un’alternativa alla globalizzazione occidentale attraverso l’ispirazione ai principi gandhiani;
12.  Fun home. Una tragicommedia familiare, di Bechdel Alison – Esatto, proprio quella del Bechdel test. In questo caso si tratta di un memoir a fumetti che racconta con la brutale onestà le tensioni sotterranee della vita familiare e i conflitti che accompagnano la presa di coscienza della propria identità sessuale;
13.  Nato di donna. La maternità in tutti i suoi aspetti. Un classico del pensiero femminile, di Rich Adrienne – Si tratta di un contributo femminista al tema della maternità nelle sue diverse sfaccettature e vicende storiche;
14.  Metà del cielo. L'oppressione delle donne è la piaga del nostro secolo e la loro liberazione può cambiare il mondo, di Wudunn Sheryl e Kristof Nicholas D. – Sono testimonianze sul tema della violenza a cui sono esposte ragazze e donne di molte parti del mondo: ragazze rapite, stuprate, forzate alla prostituzione da violenze efferate; ragazze costrette dai genitori a sposare uomini che non amano e che le considerano alla stregua di oggetti; mogli incendiate dai mariti che non le vogliono più; donne sfigurate con acidi per vendetta; ragazze vendute a bordelli, che prosperano grazie alla corruzione della polizia, …
15.  La disfatta del genere, di Butler JudithÈ una considerazione sulle norme che guidano - e falliscono nel guidare - il genere e la sessualità come vincolanti per la persona;
16.  Sui diritti delle donne, di Wollstonecraft Mary – Il testo ripercorre i secoli di abusi fisici, psicologici sociali e lavorativi delle donne da parte di quella che si può considerare come l'antesignana di ogni femminismo;
17.  Terre di confine-La frontera, di Anzaldúa Gloria;

18.  Persepolis. Ediz. Integrale, di Satrapi Marjane – il primo libro a fumetti iraniano;
19.  I monologhi della vagina, di Ensler Eve – Sono i celebri monologhi costruiti sulla scorta di interviste intorno agli argomenti associati alla vagina - sesso, mestruazioni, parto, violenze, pulizia etnica, ... a partire da domande come: "Se la tua vagina parlasse, cosa direbbe?"; oppure: "Se la tua vagina si vestisse, cosa indosserebbe?";
20.  Il secondo sesso, di Simone de Beauvoir – Il testo del ’49 che passa in rassegna con intelligenza graffiante i ruoli attribuiti dal pensiero maschile alla donna toccando temi tabù come la sessualità, il controllo delle nascite, la prostituzione, l'educazione religiosa, la maternità, … Sul mio scaffale da un po’ di tempo, un libro che voglio leggere assolutamente il prima possibile;
21.  Una stanza tutta per sé, di Woolf Virginia – Il trattato cui ho intitolato una delle sezioni di questo blog, in cui la Woolf, una delle mie scrittrici preferite, affronta il tema “donne e scrittura”. Di grande ispirazione e ottima scrittura;
22.  Una paga da fame. Come (non) si arriva alla fine del mese nel paese più ricco del mondo, di Ehrenreich Barbara – Si tratta dell’esplorazione coraggiosa in prima persona dell’autrice che decide di lasciare la propria casa, rinunciare alle carte di credito e allo status di intellettuale e giornalista, e di cercare lavoro come cameriera, donna delle pulizie, commessa per conoscere in presa diretta l'America dei bassi salari, con le sue storie vita grama di tutti i giorni e gli stratagemmi disperati per sopravvivere;
23.  Contrattacco. La guerra non dichiarata contro le donne, di Faludi SusanÈ il vincitore del National Book Critics Circle award nella sezione saggistica;

24.  Sporche femmine scioviniste. Le donne e l'irresistibile ascesa della Raunch Culture, di Levy Ariel – Si tratta di una denuncia di quella finta liberazione che di fatto riproporre acriticamente miti misogini spacciandoli per femministi.
Ecco, i titoli disponibili in italiano scelti sono questi. Per chi fosse interessato alla lista completa, eccola qui: http://msmagazine.com/blog/blog/2011/10/10/ms-readers-100-best-non-fiction-books-of-all-time-the-top-10-and-the-complete-list/.

L’elenco è stato compilato dai lettori di Ms. Magazine però. Voi che libri scegliereste? Quale testo femminista vi ha colpito particolarmente e avreste voglia di indicare in un’ipotetica lista?