lunedì 20 giugno 2011

ANCORA DALLA PARTE DELLE BAMBINE



Superata una iniziale introduzione facilona e qualunquista e le imprecisioni, gli stralci di canzoni fuori contesto, e il senso comune superficiale che di quando in quando emerge nelle pagine di “Ancora dalla parte delle bambine”, alla fin fine questo libro di Loredana Lipperini ha diversi meriti. È vero, a volte va anche fuori tema e glissa invece su aspetti fondamentali (o perlomeno su aspetti che io considero tali), ma è complessivamente una lettura interessante.
Le fonti spaziano dai blog e forum in rete, all’esperienza personale di madre, agli studi scientifici o pseudo tali, alle canzoni pop,  alle statistiche ufficiali, alle notizie di cronaca nera, alle pubblicità, all’osservazione di quanto complessivamente emerge dalla televisione (rispetto alla qule ad esempio è spesso superficiale, ma ha il merito di citare a proposito il meraviglioso libro "Tutto quello che ti fa male ti fa bene", di Steven Johnson) ai giornali dedicati alle bambine e a parecchio altro. Questi sono gli aspetti più densi e significativi, che rimangono impresso, permettendo di toccare con mano alcuni dati su come la cultura contemporanea educa bambini e bambine su che cosa significhi essere bambine e donne.
Un assaggio, solo per dare un’idea, da pag. 231, che riporta la ricerca che Monia Azzalini ha curato nel 2007 per Osservatorio di Pavia Media Research dal titolo ‘TV locale e rappresentazione di genere’, per rilevare la presenza femminile nei TG di Valle d’Aosta, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Sardegna:
“Le donne che conducono un telegiornale sono il 36,4% contro il 63% degli uomini. Le corrispondenti e le reporter sono, invece, addirittura in maggioranza in non pochi casi. Ma quali sono le tematiche che affrontano? “Le donne”, scrive Azzolini, “sono meno delegate degli uomini alla politica, si occupano prevalentemente di arte, cultura e spettacolo e di educazione”. Quando l’indagine si sposta sulla visibilità femminile nelle notizie, la divergenza è ancora più forte: su 1308 soggetti classificati (persone di cui si parla o a cui si dà la parola), solo il 14,8% è di sesso femminile. […] Gli esperti di sesso maschile sono il 15% ei casi contro il 6,7%. Mentre le donne sono rappresentate in funzioni “di scarso prestigio quali l’opinione popolare, la testimonianza e l’esperienza personale: ruoli che non richiedono né status né professionalità”.

La lettura è ricca di spunti e direi che, nonostante parecchi scivoloni, vale comunque la pena.

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