venerdì 7 ottobre 2011

QUANTO COSTA LA DISCRIMINAZIONE



Il Consiglio Nazionale dell’Europa e del lavoro martedì ha rilasciato uno scoraggiante quanto prevedibile comunicato stampa che riporta i risultati di una ricerca presentata al convegno della II Commissione Politiche del Lavoro e Sistemi Produttivi del Cnel. La ricerca, condotta su 10.000 lavoratori e lavoratrici italiane, è stata curata da Emiliano Rustichelli (Isfol), che esamina il caso italiano e propone policy per una effettiva parità di opportunità nel mercato del lavoro.
Ecco qui in dettaglio il comunicato stampa, in tutta la sua potenza depressogena:
A parità di qualifica e impiego, la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Italia si attesta tra il 10 e il 18% ed è dovuta interamente a fenomeni di discriminazione”. Dalla ricerca “emerge che il differenziale retributivo di genere misurato sul salario orario dei soli lavoratori dipendenti è pari in media a 7,2 punti percentuali.
Il gap retributivo per le lavoratrici dipendenti risulta particolarmente elevato in alcuni ambiti: tra le donne meno scolarizzate raggiunge quasi il 20% e si mantiene oltre il 15% per chi possiede la licenza media. Ne soffrono sia le giovanissime (8,3% di penalizzazione rispetto ai coetanei) che le lavoratrici adulte (12,1%), mentre è più contenuto nella fascia di età compresa tra 30 e 39 anni (3,2%).
La forbice retributiva di genere appare meno pronunciata nel Sud mentre, in termini di caratteristiche dell’occupazione, si rileva una marcata differenza di genere nelle retribuzioni medie orarie degli operai specializzati (20,6%), degli impiegati (15,6%), dei legislatori, dirigenti ed imprenditori (13,4%).
Particolarmente elevata è anche la penalizzazione delle donne impiegate in professioni non qualificate rispetto ai loro omologhi di sesso maschile (17,5%). In termini settoriali, si registra una forte differenza nelle retribuzioni medie orarie di uomini e donne impiegati nei servizi finanziari e quelli alle imprese (rispettivamente 22,4% e 26,1%), nell’Istruzione e nella Sanità (21,6%), nella manifattura (18,4%).
Per il CNEL non è più possibile sprecare una forza lavoro qualificata e potenzialmente molto produttiva come quella femminile. I fattori che generano il gender pay gap sono diversi e spesso intercorrelati: fattori culturali e stereotipi di genere favoriscono la segregazione orizzontale e verticale e divaricano il gap di partecipazione al mercato del lavoro tra uomini e donne, la mancanza di politiche di conciliazione costringe le donne a uscire dal mercato del lavoro, ne impedisce la continuità lavorativa e limita le loro opportunità di carriera. Discriminazioni inaccettabili alla luce del fatto che le donne possiedono requisiti di formazione e di esperienza analoghi se non superiori a quelli degli uomini”.

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