Sicuramente
avete già letto dell’articolo di Camillo
Langone pubblicato lo scorso 30 novembre da Liberodal
titolo “Togliete i libri alle donne: torneranno a far figli”. Ammetto che avrei
voluto una sollevazione più coesa e inappellabile dalle fonti più autorevoli e
riconosciute dell’informazione italiana, ma per fortuna se ne è parlato
comunque abbastanza, almeno in rete.
Di che cosa si tratta esattamente?
L’articolo propone una personale (diciamo così) visione sull’andamento
demografico italiano: “Disgraziatamente la piramide
demografica italiana è stretta alla base (pochi giovani), gonfia in mezzo
(tantissimi quarantenni) e piuttosto larga in alto (molti vecchi)”, scrive
Langone. E aggiunge, con allegra e disinvolta xenofobia: “Per non far cascare a
terra il trottolone italiano bisogna dargli un appoggio e i puntelli possibili
sono soltanto due: nuova immigrazione e nuova prolificazione.
Il primo non me lo auguro: mi capita sempre più spesso di trovarmi completamente circondato da stranieri (alla stazione di Brescia, in viale IV Novembre a Reggio Emilia, sui regionali notturni in partenza da Bologna...) e mi sembra di vivere un incubo. Preferisco il secondo puntello però bisogna convincere gli italiani a riaccettare il duro lavoro di padri e di madri”.
Il primo non me lo auguro: mi capita sempre più spesso di trovarmi completamente circondato da stranieri (alla stazione di Brescia, in viale IV Novembre a Reggio Emilia, sui regionali notturni in partenza da Bologna...) e mi sembra di vivere un incubo. Preferisco il secondo puntello però bisogna convincere gli italiani a riaccettare il duro lavoro di padri e di madri”.
Ed
ecco la ricetta: “Ebbene, gli studi più recenti denunciano lo stretto legame
tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School
of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più
competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di
quella educazione e di quelle competenze».
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me”.
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me”.
Eppure,
così non dicono i numeri, e quindi me la prendo con lui. Lo so, lo so, scrivere questo post fa il gioco di Langone,
che in fondo vuole far parlare di sé e ci è riuscito, ma davvero non posso
tacere, e non solo perché di fatto Libero
beneficia di milioni di euro di finanziamento pubblico.
Con
le parole di Loredana Capone, che mi sento di condividere,
“considerare le donne alla stregua semplicemente di mammiferi credo che sia
veramente compiere una violenza verbale verso le donne, una violenza
psicologica, una violenza che non tiene conto delle loro capacità, dei loro
meriti, dei loro saperi, della possibilità di crescere loro e di far crescere
la comunità”.
Come
commenta Rita Riccardo
in un bell’articolo de Il fatto quotidiano, “Prendendo per buona la notizia, e stando al dato nudo e crudo,
Langone avrebbe comunque potuto azzardare interpretazioni assai diverse,
perfino opposte. Per esempio avrebbe potuto arguire che le donne più
acculturate rimangono nubili perché non trovano uomini sufficientemente
interessanti. A quel punto avrebbe costretto Libero a titolare così: “Date più
libri agli uomini, che forse qualcuna se li accatta”.Oppure, con
maggior rigore, avrebbe potuto dare la colpa all’organizzazione sessista della
nostra società, il cui welfare di fatto non consente pari opportunità per
uomini e donne, obbligando quest’ultime a scegliere tra diventare ruspanti
casalinghe con famiglia o evolute single senza figli. Che non è una scelta”.
Ancora,
come ricorda Chiara
Levi, la content manager di Alfemminile.com, la ricerca citata nell’articolo è
stata condotta nel 2002 a proposito delle famiglie monoparentali americane e
della loro evoluzione dagli anni ’60: “Ci domandiamo, se l'obiettivo è quello di
esaminare il calo di natalità del nostro paese negli ultimi anni, che valore
possa avere uno studio di questo genere”, osserva la Levi. E continua: “Senza
dubbio (e la stessa ricerca di Harvard del 2002 lo afferma) le donne che
studiano di più posticipano i tempi per il primo figlio, mentre le donne che
per esempio non si laureano, affrontano la prima gravidanza in anticipo. Nulla
di nuovo direte voi. E infatti non c'è bisogno di nessuna ricerca per
comprendere la cosa. Si tratta di una vera banalitàspacciata
come “incredibile scoperta”.
Perché? Perché il
modello conservatore ed estremista della donna che non studia e non lavora e
che si dedica alla procreazione non esiste più, e le donne che oggi scelgono di
non proseguire gli studi non programmano certo di passare la vita come le loro
bisnonne facendo 6 o 8 figli. Per lo meno non la maggioranza. Se il modello che
Langone propone è quello di inizio '900 credo che debba mettersi il cuore in
pace, e accettare la realtà attuale.
Langone dovrebbe
sapere anche che le donne che studiano di più di solito lavorano di più (e
hanno uno stipendio che aiuta loro e la famiglia a vivere meglio) e che sono
proprio le lavoratrici a fare più figli. A dirlo non è una
ricerca fatta 10 anni fa dall'altra parte del mondo, ma lo studio di Maurizio
Ferrera, professore ordinario presso la facoltà di Scienze
Politiche di Milano, che nel suo libro Fattore D(Mondadori,
2008) afferma, dati italiani ed europei alla mano, che sono le donne
lavoratrici quelle che fanno più figli”.
Così dicono i numeri: che Langone non se la prenda con me.
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