domenica 4 dicembre 2011

DATE PIÙ LIBRI A LANGONE: SCRIVERÀ MENO IDIOZIE




Sicuramente avete già letto dell’articolo di Camillo Langone pubblicato lo scorso 30 novembre da Liberodal titolo “Togliete i libri alle donne: torneranno a far figli”. Ammetto che avrei voluto una sollevazione più coesa e inappellabile dalle fonti più autorevoli e riconosciute dell’informazione italiana, ma per fortuna se ne è parlato comunque abbastanza, almeno in rete.

Di che cosa si tratta esattamente? L’articolo propone una personale (diciamo così) visione sull’andamento demografico italiano: “Disgraziatamente la piramide demografica italiana è stretta alla base (pochi giovani), gonfia in mezzo (tantissimi quarantenni) e piuttosto larga in alto (molti vecchi)”, scrive Langone. E aggiunge, con allegra e disinvolta xenofobia: “Per non far cascare a terra il trottolone italiano bisogna dargli un appoggio e i puntelli possibili sono soltanto due: nuova immigrazione e nuova prolificazione.
Il primo non me lo auguro: mi capita sempre più spesso di trovarmi completamente circondato da stranieri (alla stazione di Brescia, in viale IV Novembre a Reggio Emilia, sui regionali notturni in partenza da Bologna...) e mi sembra di vivere un incubo. Preferisco il secondo puntello però bisogna convincere gli italiani a riaccettare il duro lavoro di padri e di madri”.

Ed ecco la ricetta: “Ebbene, gli studi più recenti denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze».
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me”.

Eppure, così non dicono i numeri, e quindi me la prendo con lui. Lo so, lo so, scrivere questo post fa il gioco di Langone, che in fondo vuole far parlare di sé e ci è riuscito, ma davvero non posso tacere, e non solo perché di fatto Libero beneficia di milioni di euro di finanziamento pubblico.

Con le parole di Loredana Capone, che mi sento di condividere, “considerare le donne alla stregua semplicemente di mammiferi credo che sia veramente compiere una violenza verbale verso le donne, una violenza psicologica, una violenza che non tiene conto delle loro capacità, dei loro meriti, dei loro saperi, della possibilità di crescere loro e di far crescere la comunità”.

Come commenta Rita Riccardo in un bell’articolo de Il fatto quotidiano, “Prendendo per buona la notizia, e stando al dato nudo e crudo, Langone avrebbe comunque potuto azzardare interpretazioni assai diverse, perfino opposte. Per esempio avrebbe potuto arguire che le donne più acculturate rimangono nubili perché non trovano uomini sufficientemente interessanti. A quel punto avrebbe costretto Libero a titolare così: “Date più libri agli uomini, che forse qualcuna se li accatta”.Oppure, con maggior rigore, avrebbe potuto dare la colpa all’organizzazione sessista della nostra società, il cui welfare di fatto non consente pari opportunità per uomini e donne, obbligando quest’ultime a scegliere tra diventare ruspanti casalinghe con famiglia o evolute single senza figli. Che non è una scelta”.

Ancora, come ricorda Chiara Levi, la content manager di Alfemminile.com, la ricerca citata nell’articolo è stata condotta nel 2002 a proposito delle famiglie monoparentali americane e della loro evoluzione dagli anni ’60: “Ci domandiamo, se l'obiettivo è quello di esaminare il calo di natalità del nostro paese negli ultimi anni, che valore possa avere uno studio di questo genere”, osserva la Levi. E continua: “Senza dubbio (e la stessa ricerca di Harvard del 2002 lo afferma) le donne che studiano di più posticipano i tempi per il primo figlio, mentre le donne che per esempio non si laureano, affrontano la prima gravidanza in anticipo. Nulla di nuovo direte voi. E infatti non c'è bisogno di nessuna ricerca per comprendere la cosa. Si tratta di una vera banalitàspacciata come “incredibile scoperta”.

Perché? Perché il modello conservatore ed estremista della donna che non studia e non lavora e che si dedica alla procreazione non esiste più, e le donne che oggi scelgono di non proseguire gli studi non programmano certo di passare la vita come le loro bisnonne facendo 6 o 8 figli. Per lo meno non la maggioranza. Se il modello che Langone propone è quello di inizio '900 credo che debba mettersi il cuore in pace, e accettare la realtà attuale.

Langone dovrebbe sapere anche che le donne che studiano di più di solito lavorano di più (e hanno uno stipendio che aiuta loro e la famiglia a vivere meglio) e che sono proprio le lavoratrici a fare più figli. A dirlo non è una ricerca fatta 10 anni fa dall'altra parte del mondo, ma lo studio di Maurizio Ferrera, professore ordinario presso la facoltà di Scienze Politiche di Milano, che nel suo libro Fattore D(Mondadori, 2008) afferma, dati italiani ed europei alla mano, che sono le donne lavoratrici quelle che fanno più figli”.

Così dicono i numeri: che Langone non se la prenda con me.



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