mercoledì 9 novembre 2011

PERCHÉ GLI UOMINI DOVREBBERO ESSERE FEMMINISTI



Facciamo finta che uno sconosciuto ci provi con voi in un ascensore d’albergo alle 4:00 del mattino, mentre state cercando di tornare nella vostra stanza, stanche della giornata. Facciamo finta che quel giorno abbiate fatto un intervento in una conferenza sui diritti delle donne, e che la conferenza si tenga all’estero: non conoscete nessuno e non c’è nessun altro intorno – solo voi e quell’uomo in ascensore, nel cuore della notte. Facciamo finta che abbiate un blog e che una volta tornata a casa confessiate la vostra esperienza e la paura che avete provato.
È quello che è successo a Rebecca Watson, che ne ha parlato nel suo blog Skepchick. Solo che poi Richard Dawkins, il celebre biologo inglese che tutti conosciamo, la ha presa in giro argomentando che la Watson si era comportata come una bambinetta frignante, perché in fondo quell’uomo non le aveva messo le mani addosso, non l’aveva aggredita, ci aveva provato solo con le parole e, insomma, per le donne musulmane è molto peggio, per cui non si dovrebbe lamentare.
Sono rimasta inorridita, anche perché ho sempre apprezzato Richard Dawkins e, anche se non sempre condivido ciò che dice, spesso lo considero la voce della ragione in contesti in cui la voce della superstizione ha il megafono. Come faceva a non capire che, se è vero che alcuni basilari diritti civili ci sono riconosciuti, non significa che va tutto bene, solo perché altre donne stanno peggio di noi?
Nel suo interessantissimo blog, Jen McCreight ha commentato, rivolgendosi a Dawkins: “Le parole sono importanti. Il motivo per cui non lo capisci è che non sei mai stato chiamato ‘mona’, ‘frocio’, ‘negro’, o ‘ebreo’. Non hai mai fatto l’esperienza di avere costantemente intorno a te persone che dicono che sei subumano, o che hai le capacità intellettive di un animale. Non sei circondato da persone che dicono che non dovresti avere diritti. Non sei costantemente oggetto di molestie sessuali. Non vivi con la paura di essere violentato”.
Però, visto che sono d’accordo che le parole sono importanti, sono andata a vedere più in dettaglio che cosa le ha detto quell’uomo in ascensore esattamente. Testualmente: “Non fraintendermi, ma ti trovo molto interessante [l’uomo aveva partecipato alla conferenza] e vorrei continuare a parlare con te. Ti andrebbe di salire nella mia stanza d’albergo per un caffè?”.
Niente parolacce, niente di volgare o offensivo, niente che la oggettificasse o la umiliasse. Magari avrebbe dovuto capire che non era il contesto appropriato, ma non mi sembra che una avance del genere meriti una reazione così oltraggiata. Eppure quella paura la capisco, e la capisco bene. Mi sono messa nei suoi panni e ho provato quello stesso panico. E allora?
Allora, quello che questo episodio ci insegna non è necessariamente che fare avances del genere sia una forma di violenza contro le donne, e nemmeno che, come crede Dawkins, ci lamentiamo troppo considerato che altrove il maschilismo è molto peggiore. No. Credo che la lezione qui sia un’altra: la cultura del permissivismo verso le molestie, degli stupri legittimati, dell’oppressione dei diritti delle donne crea spesso uno stato di allarme e di sospetto nelle donne, che comprensibilmente hanno imparato che dare il beneficio del dubbio a volte ti porta in ospedale, e quando succede vieni pure biasimata per non aver subito intuito le reali intenzioni del tuo aggressore, o forse le avevi capite e in fondo ci stavi. Tutte le donne sanno di che cosa sto parlando, e sanno com’è oppressivo e tossico questo modo di pensare, ma sanno anche che è necessario difendersi.
La lezione allora ritengo sia questa, ed è una lezione per gli uomini di buon senso: combattere il sessismo e costruire un’alleanza per un avanzamento nei diritti delle donne è vitale per le donne, certo, ma anche per tutti quegli uomini che trovano una donna interessante e vorrebbero approcciarla, e cercano di farlo nel modo giusto, ma finiscono per essere considerati e trattati come dei pervertiti maniaci. La chiave non è rimproverare loro di avere reagito come bimbe capricciose e isteriche – è combattere insieme per un clima culturale collettivo in cui le donne abbiano la possibilità di darvi il beneficio del dubbio.

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