domenica 3 aprile 2011

FRANZEN-FEUDE


Quest’estate, l'autrice di best seller Jodi Picoult ha commentato le recensioni estremamente favorevoli ricevute da Jonathan Franzen, in particolare a proposito della copertina del Times, scrivendo su Twitter: “C’è qualcuno che ne è rimasto shoccato? Mi piacerebbe vedere il New York Times che si spertica in lodi per qualcuno che non siano ‘cocchi del mondo letterario’ bianchi e maschi”. A questa dichiarazione si sono aggregate Jennifer Weiner e la scrittrice di mystery Laura Lippman, che ha opportunamente ricordato che “sono le donne a dominare il mondo della fiction come lettrici”.
Ora, se è senz’altro desolantemente vero che l’intelligentsia tende a squalificare la letteratura prodotta da autrici donne (non è un caso che da George Eliot a J. K. Rowling molte autrici donne abbiano dovuto camuffare la propria identità di genere nel nome per poter avere successo) e riserva le lodi maggiori per le loro controparti maschili, gli autori/le autrici coinvolti/e da questa diatriba sono i meno adatti/le meno adatte per rappresentare sia il bias maschile che le legittime rivendicazioni femminili.
Ecco perché:
1.      Franzen è effettivamente un autore eccezionale, che si merita in toto le lodi ricevute e che ha saputo coniugare alta letteratura e grande successo di pubblico;
2.      La polemica ha finito per confondere le acque tra pregiudizio sessista e un certo elitismo letterario, che ignora in toto la letteratura di genere in favore di quella “alta”, letteraria appunto. Alcune autrici coinvolte nella discussione vengono regolarmente snobbate dalla critica, ma questo succede sulla base di un discernimento tra letteratura puramente commerciale e letteratura di alto profilo, a legittimo e opportuno sfavore, insomma, della letteratura di genere, non delle autrici di genere (femminile).
Questa confusione è grave per almeno due motivi: conferma il pregiudizio che associa la letteratura scritta da donne con la letteratura “non letteraria” e quindi di basso profilo e di minore qualità; impedisce di prendere sul serio un problema realmente esistente.
VIDA (Women in literary arts) ha pubblicato le statistiche del 2010 rispetto alle principali riviste letterarie. Ne riporto due tra le molte (per chi volesse vedere la statistica completa, si veda il link):

Un altro problema evidente per chi, come me, conosce e legge queste riviste tutte le settimane, è che l’evidente maschilismo di alcuni autori non viene affrontato come problema, e spesso non viene nemmeno visto come tale.
Lo stesso Franzen, che pure scrive figure femminili di tutto rispetto, nell’ulteriore polemica che lo ha coinvolto in merito all’inclusione di Le correzioni nel Club del Libro di Oprah, ha negato il proprio consenso temendo che l’associazione con la nota trasmissione televisiva lo avrebbe fatto identificare con un “libro per donne” e avrebbe perso quindi i rari e ben più ambiti lettori maschi. Di converso, quando gli è stato chiesto quali autori avesse letto e apprezzato di recente, ha citato Edith Wharton e Sarah Shun-lien Bynum, mostrando di non cadere, almeno in prima persona, nello stesso errore di chi lo recensisce.

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