giovedì 21 aprile 2011

LA MARCIA DELLE PUTTANE



Il 24 gennaio scorso, l’agente di polizia di Toronto Michael Sanguinetti ha fatto un intervento di prevenzione allo stupro presso la Osgoode Hall Law School che si è concluso con un consiglio: “Evitate di vestirvi come puttane”. Sebbene si sia poi scusato pubblicamente, questa ennesima dimostrazione di biasimo della vittima ha dato il via a una manifestazione che, partita dal Canada, si è poi estesa al resto del mondo. Si tratta di SlutWalks, la Marcia delle Puttane. Lo traduco io qui in questo modo, perché in realtà l’Italia non si è unita alle maggiori città degli Stati Uniti, all’Australia, all’Olanda, all’Asia, alla Nuova Zelanda e all’Inghilterra. E non perché non ce ne sia bisogno.

“Adesso basta”, ha dichiarato Heather Jarvis, la fondatrice della Marcia delle Puttane di Toronto: “Non si tratta di un singolo pregiudizio o di un singolo poliziotto che biasima la vittima, bisogna cambiare il sistema e rendere costruttiva la nostra rabbia e frustrazione” sia nelle aule della giustizia che nell’opinione pubblica, con l’obiettivo di smettere di focalizzarsi tanto sul comportamento della vittima, su come si veste, su come esprime la sua sessualità, e cominciare e prestare più attenzione a quello che fa lo stupratore.

E così, come riferisce l'Huffington Post, a fronte delle 200-300 persone che le fondatrici si aspettavano, se ne sono presentate 3.000 il 3 aprile a protestare di fronte alla stazione di polizia di Toronto: alcune indossavano jeans e maglietta, altre portavano lingerie e tacchi a spillo. “È inefficace e pericoloso passare l’idea che ci sia un certo modo di vestire che attrae, o anche che ti protegge dalla violenza sessuale”, ha specificato la Jarvis ricordando uno dei tanti cartelli della marcia: “Era il giorno di Natale. Avevo 14 anni e sono stata violentata sulle scale, mentre indossavo scarpe da neve e vestiti a strati. Me lo meritavo anch’io?”.

Per chi vuole seguire la Marcia via satellite, e magari trarne ispirazione per l’Italia, lo può fare tramite Facebook digitando satellite SlutWalks, che spiega il senso dell’iniziativa: “Perché il 60% delle aggressioni sessuali non viene denunciato. Perché ne è vittima una donna su sei. Perché ne è vittima un uomo su 33 . Perché alcuni studi mostrano che ne sono vittima più del 52% di persone LGBT. Perché può capitare e chiunque”.
Che cosa aspettiamo?

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