Il 24 gennaio scorso, l’agente di polizia di Toronto Michael Sanguinetti ha fatto un intervento di prevenzione allo stupro presso la Osgoode Hall Law School che si è concluso con un consiglio: “Evitate di vestirvi come puttane”. Sebbene si sia poi scusato pubblicamente, questa ennesima dimostrazione di biasimo della vittima ha dato il via a una manifestazione che, partita dal Canada, si è poi estesa al resto del mondo. Si tratta di SlutWalks, la Marcia delle Puttane. Lo traduco io qui in questo modo, perché in realtà l’Italia non si è unita alle maggiori città degli Stati Uniti, all’Australia, all’Olanda, all’Asia, alla Nuova Zelanda e all’Inghilterra. E non perché non ce ne sia bisogno.
“Adesso basta”, ha dichiarato Heather Jarvis, la fondatrice della Marcia delle Puttane di Toronto: “Non si tratta di un singolo pregiudizio o di un singolo poliziotto che biasima la vittima, bisogna cambiare il sistema e rendere costruttiva la nostra rabbia e frustrazione” sia nelle aule della giustizia che nell’opinione pubblica, con l’obiettivo di smettere di focalizzarsi tanto sul comportamento della vittima, su come si veste, su come esprime la sua sessualità, e cominciare e prestare più attenzione a quello che fa lo stupratore.
E così, come riferisce l'Huffington Post, a fronte delle 200-300 persone che le fondatrici si aspettavano, se ne sono presentate 3.000 il 3 aprile a protestare di fronte alla stazione di polizia di Toronto: alcune indossavano jeans e maglietta, altre portavano lingerie e tacchi a spillo. “È inefficace e pericoloso passare l’idea che ci sia un certo modo di vestire che attrae, o anche che ti protegge dalla violenza sessuale”, ha specificato la Jarvis ricordando uno dei tanti cartelli della marcia: “Era il giorno di Natale. Avevo 14 anni e sono stata violentata sulle scale, mentre indossavo scarpe da neve e vestiti a strati. Me lo meritavo anch’io?”.
Per chi vuole seguire la Marcia via satellite, e magari trarne ispirazione per l’Italia, lo può fare tramite Facebook digitando satellite SlutWalks, che spiega il senso dell’iniziativa: “Perché il 60% delle aggressioni sessuali non viene denunciato. Perché ne è vittima una donna su sei. Perché ne è vittima un uomo su 33 . Perché alcuni studi mostrano che ne sono vittima più del 52% di persone LGBT. Perché può capitare e chiunque”.
Che cosa aspettiamo?
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