domenica 25 settembre 2011
venerdì 23 settembre 2011
L'ITALIA DEI VALORI E DEL VALORE DELLE DONNE
Il partito di Di Pietro L’Italia dei valori ha scritto una petizione che presenterà domani a Milano e venerdì a Palermo, con la quale intende sollecitare gli Stati Membri della Commissione Europea affinché si esprimano in favore dell’adozione in Italia e in tutta Europa delle 14 leggi europee più attente ai diritti delle donne. I temi spaziano dalla procreazione al lavoro, dalla famiglia alla rappresentanza politica e alla violenza
In queste due giornate, la senatrice Giuliana Carlino esporrà la ricerca “Le Clause del'Europe'enne la plus favorise'e'” dell'associazione 'Choisir la Cause des Femmes' fondata negli Anni ‘70 da Simone de Beavoir, Gisèle Halimi e Jacques Monod.
Ecco i provvedimenti selezionati dai ricercatori dell’associazione francese, così come riportati dal sito http://www.deltanews.net/:
- SCEGLIERE DI PROCREARE
1. Educazione sessuale (Danimarca): per l’educazione alla sessualità nella scuola primaria, per i centri di pianificazione familiare attrezzati con un sito internet che fornisca informazioni didattiche al personale incaricato.
2. Contraccezione (Paesi Bassi): per l’accesso alla contraccezione diretta, libera e gratuita. Lo Stato assicura informazioni, disponibilità e gratuità per minori e donne adulte.
3. Aborto (Svezia): per il rispetto della libertà delle donne di disporre del proprio corpo. Il termine legale deve essere di almeno 12 settimane, raggiungendo al massimo 18.
- FAMIGLIA: oasi d’affetto o trappola per le donne?
4. Matrimonio (Austria): per il primato concesso al matrimonio civile, integrando il matrimonio tra omosessuali come nella legge spagnola.
5. Divorzio (Spagna): per il dispositivo di divorzio non subordinato né una causa, né a un periodo di riflessione. Sussiste l’obbligo di aiuto con gli alimenti.
6. Contratti d’unione civile (Belgio): per il contratto di unione civile che garantisce, come il matrimonio, diritti di alto livello aperti sia agli eterosessuali che agli omosessuali.
7. Congedi parentali (Svezia): per il suo alto livello di remunerazione del congedo parentale basato sull’alternanza (parte del congedo riservata al padre).
8. Autorità parentale (Estonia): per l’istituzione dell’autorità parentale a partire dal legame di filiazione, l’esercizio congiunto dell’autorità parentale anche in caso di separazione, l’attribuzione giudiziale dell’autorità ad uno dei genitori ed al suo coniuge o convivente, indipendentemente dall’orientamento sessuale. L’istituzione dell’autorità parentale a partire dal legame di filiazione, l’esercizio congiunto dell’autorità parentale anche in caso di separazione, l’attribuzione giudiziale dell’autorità ad uno dei genitori ed al suo coniuge o convivente, indipendentemente dall’orientamento sessuale.
- VIOLENZA: donne maltrattate, stuprate, costrette a prostituirsi
9. Violenza coniugale (Spagna): per la sensibilizzazione verso la violenza di genere nelle scuole, perché i giovani siano in grado di decriptare le immagini sessiste della pubblicità e dei media, per la formazione di interlocutori dei servizi pubblici sulle donne vittime di violenza, sulle misure di protezione di emergenza, per l’apertura di centri di accoglienza per le vittime, per le forti sanzioni contro gli autori di violenza abbinate a programmi di aiuto.
10. Stupro (Francia): per il riconoscimento giuridico dello stupro come reato con ampliamento della definizione legale e campo di applicazione, per il dispositivo di udienza a porte chiuse su richiesta della vittima, per la possibilità concessa alle associazioni di essere ammesse come parte civile, per l’approccio multidisciplinare previsto anche dalla legge spagnola.
11. Prostituzione (Svezia): per l’abolizione di fatto della prostituzione, per la penalizzazione del cliente, per l’impunità concessa alle prostitute, per la creazione di centri di accoglienza volti a favorire il reinserimento sociale con attenzione particolare alle vittime della tratta, per le campagne di informazione sviluppate in collaborazione con diversi ministeri (Salute e Interni), per la protezione alle prostitute che denunciano il protettore e la tratta.
12. Molestie (Lituania): per le disposizioni relative alle molestie presenti sia nel Codice del Lavoro che nella Legge sulla parità tra donne e uomini.
- LAVORO: l’indipendenza economica delle donne, fondamento di tutte le libertà
13. Codice del lavoro (Francia): per il Codice del Lavoro che conferma le maggiori conquiste sociali, per il regime pensionistico basato sulla logica della solidarietà.
- POLITICA: quale democrazia per le donne?
14. Iscrizione della parità nella Costituzione (Belgio): per avere inserito la parità nella Costituzione, includendo Consiglio dei Ministri e governi di Regioni e Comuni, per il dispositivo che impone la parità assoluta e delle quote in tutte le elezioni, per l’applicazione di sanzioni dissuasive nei casi di irricevibilità delle liste non conformi alla legge.
Come forse avrete notato, e come ricordato dalla Senatrice Carlino, “in questi provvedimenti selezionati dai ricercatori dell’associazione francese non è presente alcuna legge italiana, una lacuna inaccettabile, che rafforza l’urgenza di coinvolgere la Commissione Europea. È ora che la legislazione più progressista, giusta e democratica per le donne, vigente nella Comunità, sia garantita ad ogni donna di ogni Paese membro”.
È davvero ora.
Fonte: Delt@ Anno IX, n. 178 – 179 del 23 – 24 settembre 2011
domenica 18 settembre 2011
GLORIA A GLORIA STEINEM
Gloria Steinem è una giornalista americana che ha rappresentato una delle voci più significative dell’attivismo a favore dei diritti delle donne a partire dagli anni ’60, ed è la portavoce del Movimento per la liberazione delle donne della seconda ondata femminista.
La rete televisiva HBO quest'estate ha mandato in onda il documentario di Peter Kunhardt “Gloria: In Her Own Words” (“Gloria: in parole sue”), che spero prima o poi arrivi anche in Italia perché si tratta di una figura fondamentale che vorrei che gli italiani conoscessero di più. In attesa, ecco come lo commenta Sheryl Sandberg, amministratrice delegata di Facebook, in un articolo che ho apprezzato moltissimo e che riporto qui in traduzione.
“Guardare l’affascinante nuovo documentario della HBO “Gloria: in her own words” mi ha travolta. Non che ignorassi la storia di Gloria. La conoscevo. Solo che, nel vederla evolvere da giornalista costretta a parlare delle fantasie stampate sui collant ad attivista per l’uguaglianza delle donne, sono stata colpita più volte da una consapevolezza: la mia vita è migliore grazie a Gloria Steinem.
Questa riflessione potrebbe non fare piacere a Gloria, che nel film spiega chiaramente che non vuole ringraziamenti. Cita addirittura un’altra icona femminista, Susan B. Anthony, che ha dichiarato: “Il nostro lavoro non è fare in modo che le donne ci siano grate. È fare in modo che siano ingrate, così che continuino a lottare”.
In massima parte ci è riuscita. Io e molte donne della mia generazione diamo per scontate molte delle opportunità per cui Gloria e molte donne della sua generazione hanno dovuto combattere. Nell’entrare nella forza lavoro come giornalista a metà degli anni ’50, Gloria descrive un contesto dove “non esisteva il termine ‘molestia sessuale’. Allora la si chiamava ’vita’”.
Il movimento moderno per la liberazione delle donne che Gloria ha scatenato ha lottato per l’uguaglianza dei diritti e per un trattamento equo, per i diritti riproduttivi, per il controllo del proprio corpo e per un rispetto di base. Ha anche lavorato senza sosta per estendere lo stesso supporto ad altri che ne avevano bisogno, come la comunità gay e le minoranze di ogni tipo nel mondo. Poiché si considerava più una divulgatrice che una crociata, nel luglio del 1972 ha fondato Ms. Magazine, per amplificare la propria voce. È stata – ed è tuttora – una voce per la giustizia e la ragione che si distingue da molte altre femministe per la sua connaturata calma tipica del Midwest e per il suo disarmante senso dell’umorismo. Una delle cose che ho apprezzato di più nel documentario è stato il pezzo in cui Gloria rideva e cantava. Nonostante tutta l’ostilità, gli insulti, e finanche la crudeltà che ha dovuto sopportare, ha anche trovato un grande successo, grandi amicizie, grandi amori e grande gioia.
È quella gioia che permea il documentario – una celebrazione di una donna intelligente, determinata, calda, onesta, divertente, sexy e cool. A 77 anni, Gloria rimane così, ed è anche modesta. In una sessione di domande e risposte dopo la proiezione del documentario, ha ribadito: “Se fossi stata investita da un camion, il movimento per le donne sarebbe esistito comunque”. Non sono sicura che abbia ragione, ma è senz’altro una cosa elegante e generosa da dire.
Quindi, guardate il film, brindate ai trionfi di Gloria e lasciatevi ispirare. Perché la lotta non è finita, e Gloria non si guarda indietro. “L’importante è andare avanti”, dice. “Non siamo nemmeno vicini a dove dovremmo essere”.
È vero. Non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo di una reale uguaglianza delle donne nel posto di lavoro e degli uomini a casa. Le donne continuano ad avere bisogno di protezione non solo globalmente, dove molte donne mancano di qualunque diritto umano e civile, ma anche qui da noi, dove oltraggiosamente il luogo più pericoloso per una donna è la propria casa. Gli USA sono al settantesimo posto rispetto al numero di donne elette nella nostra legislatura, e in 44 anni il divario dela busta paga tra uomini e donne si è ridotto solo di 19 centesimi. [Non oso pensare che cosa direbbe se fosse qui in Italia…] Possiamo e dobbiamo fare di meglio.
E come si fa andare avanti? Nel documentario, Gloria dà questo consiglio dalle giovani donne: “Ascoltate la vostra voce interiore e seguitela”, dice. E aggiunge: “La cosa principale non è che sappiano chi sono io, ma che sappiano chi sono loro stesse”.
Seguiamo il suo consiglio e proseguiamo con la stessa determinazione e anche con lo stesso senso dell’umorismo. E ritagliamoci anche un momento – solo un momento – per ringraziarla. Perché che le piaccia o no, le siamo molto grate”.
Fonte: http://www.huffingtonpost.com/sheryl-sandberg/gloria-steinem-documentary-sheryl-sandberg_b_923424.html
Di seguito condivido l'intervista alla Steinem di Stephen Colbert.
lunedì 12 settembre 2011
PARI OPPORTUNITÀ? UN MINISTERO INUTILE
Qualche giorno fa ho letto sul sito di La politica italiana che il deputato del Pdl Giancarlo Lehner ha offerto il suo personale suggerimento per il miglioramento della situazione economica italiana. Fare pagare l’ICI alle attività commerciali del Vaticano? No. Ripristinare il taglio del 50% dell'indennità dei parlamentari? No.
No, Lehner piuttosto suggerisce a Berlusconi di “abolire i ministeri tanto velleitari quanto inutilmente costosi, vedi le vanesie pari opportunità”.
Certo, perché in termini di pari opportunità l’Italia va così bene che se lo può permettere. Infatti l’ultima classifica sul Gender Gap del World Economic Forum, lo studio che misura il divario di genere in termini di opportunità, vede l’Italia scendere al settantaquattresimo posto su 134 Stati, ovvero tra gli ultimi Paesi in Europa e peggio, ad esempio, del Malawi e del Ghana, a un passo dall'Angola e dal Bangladesh.
Ma su cosa si basa l'indice del Wef? Viene stabilito sulla base della misurazione di quattro variabili:
1. partecipazione e opportunità economica delle donne;
2. l'accesso all'educazione;
3. differenze tra uomo e donna in termini di salute e di aspettative di vita;
4. accesso delle donne al potere politico.
Come ci posizioniamo noi esattamente?
1. partecipazione e opportunità economica delle donne: 97esima posizione;
2. l'accesso all'educazione: non male, qui siamo alla 49esima posizione – peccato che poi non si traduca in reddito (vedi punto precedente);
3. differenze in termini di salute e di aspettative di vita: 95esima posizione;
4. accesso femminile al potere politico: 54esima.
E complessivamente? Noi che ci scandalizziamo tanto per il trattamento delle donne in Cina, ad esempio, forse dovremmo fare un inchino, perché la Cina è 61esima, e noi italiani, lo ripeto 74esimi! La classifica tra l’altro viene misurata a prescindere dal livello globale di risorse, sulla base del solo criterio di distribuzione di risorse e opportunità tra uomini e donne.
Un peggioramento rispetto all’anno scorso: “Nella classifica 2010 guidata da Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia”, spiegava La Repubblica quando è uscito il rapporto, “l'Italia (che nel 2007 era risultata persino 84esima nella classifica globale) è superata anche da numerosi Paesi in via di sviluppo come il Mozambico (22esimo) o il Botswana (62), mentre tra i Paesi ad alto reddito, solo una manciata registra risultati più bassi dell'Italia. Tra questi Malta (83), Giappone (94) e Arabia Saudita (129)”.
Insomma, quello delle pari opportunità sarà forse sì un ministero inutile, ma perché non funziona, non perché non ce ne sia bisogno.
mercoledì 7 settembre 2011
CANCRO AL SENO: UN APPELLO
La giornalista americana Andrea Mitchell, che conosciamo bene anche noi in Italia se non altro dal satellite, è da sempre una delle professioniste più competenti, corrette e sobrie del panorama del ciclo ininterrotto di news di questi anni.
Lo ha dimostrato anche ieri, facendo questa dichiarazione, che vedete nel filmato e che traduco qui per voi:
“Ora chiuderò con una nota personale, ovvero “come ho passato le vacanze estive”. La scorsa settimana progettavo di andare a fare un’escursione in Wyoming, e invece ho scoperto di essere una donna su otto in questo Paese – è incredibile, una su otto – che ha avuto il cancro al seno. Il mio è stato scoperto durante il mio controllo annuale poco tempo fa.
Io sono una delle fortunate. È stato preso in uno stadio precoce. Non si è diffuso, e sono già tornata al lavoro con un’ottima prognosi.
Il sostegno della ricerca per il cancro al seno, per la sua prevenzione e cura è una causa che mi sta a cuore da sempre. Ho partecipato per anni alla "Race for the Cure” di Susan G. Komen così come ad altri eventi simili, come gesto di solidarietà verso amici e altri sopravvissuti. Ora il legame che mi unisce a quella comunità è personale, e molto più profondo.
Considero quello che mi è successo come un’altra lezione della vita. Per voi donne là fuori e per gli uomini che vi amano, le visite di controllo sono importanti. Fatele. Questa malattia si può curare completamente se la si trova al momento giusto.
Per quanto mi riguarda, sono immensamente grata ai miei splendidi medici e infermieri. A mio marito e alla mia famiglia, e agli amorevoli membri della mia seconda famiglia, i miei colleghi qui alla NBC e MSNBC e, naturalmente, a voi, miei fedeli spettatori”.
Alle donne che mi stanno leggendo in questo momento, e agli uomini che le hanno a cuore, rivolgo lo stesso appello: le visite di controllo sono importanti. Facciamole. Ne va della nostra vita.
SUORE VIOLENTATE? UNA BARZELLETTA
Oggi, sul sito di La Repubblica, ho visto questo filmato, in cui il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali in occasione della festa dei giovani del Pdl Atreju si sforza di spiegare il rapporto fra aziende e lavoratori previsto dalla manovra nell'art.8. Come? Raccontando la storia edificante che vedete nel filmato qui sopra.
Taccio sul simbolismo della manovra come stupro, e mi concentro sul resto, ovvero sul fatto che per Maurizio Sacconi evidentemente le donne stuprate in realtà sono consenzienti, e la violenza sulle donne è una buona fonte di ispirazione per fare dell’umorismo.
Qualcosa mi dice che gli sfugge il concetto di stupro, e anche di buon gusto. Qualcuno in sala pare ridere, ma per fortuna la reazione è abbastanza gelida.
Che amarezza però sentire queste cose nel 2011…
Provo a dire di no a Sacconi, ma purtroppo non funziona…
AGGIORNAMENTO DEL GIORNO SUCCESSIVO
Il commento del ministro Sacconi alle polemiche suscitate dalle sue dichiarazioni, come ci si poteva aspettare, conferma il problema: “Sfortunato quel Paese nel quale dovessero prevalere il rifiuto di ogni dimensione ironica e la perdita della capacità di sorridere anche di fronte ai paradossi più politicamente scorretti”, dice. “È ovvio che non intendevo offendere nessuno ripetendo la storiella che Guido Carli mi raccontò per sdrammatizzare un momento critico. Ma offende ancor più la disonestà intellettuale di quanti, ancora una volta, usano ogni pretesto per criminalizzare chi tocca l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, perfino in relazione ad un semplice atto di fiducia nei confronti della contrattazione collettiva”.
Insomma, osate sollevare obiezioni se qualcuno vi offende? Mancate di senso dell’umorismo!
Anzi, la questione ai suoi occhi è talmente priva di merito da essere considerata un pretesto con ben altri obiettivi: su questo sì che si scandalizza, perché chi mai si risentirebbe nel sentirsi dire che quando si viene violati nel modo più intimo e profondo possibile, in fondo ci si diverte?
Ma quando impareranno che rincarare la dose con nuovi insulti non è la strategia migliore per rimediare a un’offesa?
lunedì 5 settembre 2011
LA DISINFORMAZIONE SESSISTA DI “FOCUS”
Qualcuno di voi avrà senz’altro visto la copertina di settembre della rivista “Focus”, e avrà notato che ne esiste una doppia versione: maschile e femminile. In ciascuna viene mostrato un uomo o una donna nudi, visto che il tema dell’approfondimento riguarda i genitali maschili e femminili attraverso la storia, l’arte, la religione, il linguaggio, etc.
Peccato che, come potete vedere nell’immagine, l’equivalente femminile del pene sia indicato come “vagina” e non, come sarebbe stato corretto, “vulva”. E che c'è di tanto male in fondo? Anche noi pensiamo in questi termini a livello di vita quotidiana, di senso comune. Vero. Però qui siamo in un contesto diverso, quello di una rivista di divulgazione scientifica che sta offrendo specificatamente una riflessione sui linguaggi - scientifico e quotidiano - per indicare i genitali.
E tuttavia la mia aspettativa rispetto al livello di competenza scientifica del giornale è, diciamolo, piuttosto bassa (anche se mi sarei augurata una preparazione maggiore di quella dei corsi di educazione sessuale delle scuole medie), per cui non è questo il piano rispetto al quale mi sono più scandalizzata.
E tuttavia la mia aspettativa rispetto al livello di competenza scientifica del giornale è, diciamolo, piuttosto bassa (anche se mi sarei augurata una preparazione maggiore di quella dei corsi di educazione sessuale delle scuole medie), per cui non è questo il piano rispetto al quale mi sono più scandalizzata.
Ciò che mi ha profondamente turbato è il sessismo implicito in questo errore. Sì, perché la vulva, il reale corrispettivo femminile del pene, comprende sì l'apertura vaginale, ma anche il monte di Venere, le labbra (piccole e grandi), l'imene, l’orifizio uretrale, il clitoride e il prepuzio clitorideo.
Far coincidere gli organi genitali femminili con la sola vagina vuol dire ridurli a quella sola porzione che accoglie l’organo genitale maschile (come suggerisce la stessa etimologia del termine). E, piccolo dettaglio, si scotomizza proprio la fonte di piacere dell’anatomia femminile, il clitoride. Sì, perché il glande del clitoride, pur nelle sue piccole dimensioni, conta il doppio di terminazioni nervose rispetto al glande del pene, tanto che, con buona pace di Freud (che considerava l’orgasmo clitorideo una forma di infantilismo femminile e l’orgasmo vaginale il piacere maturo delle vere donne), le ricerche ci dicono che l'orgasmo cosiddetto vaginale non sarebbe che l’effetto della stimolazione delle radici del clitoride attraverso le pareti della vagina.
Il clitoride però non ha funzioni riproduttive, e non è essenziale al piacere maschile, per cui Focus, nella sua prospettiva fallocentrica, decide che in fondo se ne può fare a meno, senza farsi limitare da dettagli come la correttezza scientifica di ciò che dice e perpetuando lo stereotipo della sessualità femminile limitata a un buco per l’uomo.
Complimenti per la disinformazione scientifica. Ce n’era proprio bisogno.
giovedì 1 settembre 2011
I CONTI IN TASCA AL SESSISMO
Vorrei condividere con voi una breve notizia uscita oggi da Vanity Fair, una rivista che apprezzo molto e seguo con una certa regolarità, in parte anche per la sua attenzione alle tematiche che riguardano le donne. L’articoletto si intitola “Boss donna, fra 98 anni buste paga uguali agli uomini”, ed è scritto da Cinzia Franceschini.
Eccolo integralmente:
“Secondo uno studio inglese in futuro le donne guadagneranno quanto gli uomini. Ma non prima del 2109.
Una corsa lunga 98 anni. Solo nel 2109, i boss donna potranno dire di avercela fatta e sventoleranno buste paga uguali a quelle dei colleghi uomini.
Il calcolo è stato fatto dal Cmi in una ricerca pubblicata dal quotidiano The Guardian. Nei dodici mesi precedenti a febbraio 2011, si legge, i salari delle donne dirigenti sono aumentati del 2,4%. Più di quelli degli uomini, che sono cresciuti del 2,1%. Ma questo non basta perché prima di avere gli stessi stipendi a fine mese i capi in tailleur dovranno aspettare quasi un secolo. Il lavoro per loro non manca, anzi più le donne sono qualificate più ricevono attenzioni da parte delle aziende. Ma al momento, a parità di ruoli, nel Regno Unito gli uomini guadagnano 42.441 sterline, 10.546 in più rispetto alle donne. Un gap che è aumentato nell'ultimo anno, dato che nel 2010 la differenza era di 10.031 sterline.
Le donne italiane non se la passano meglio delle britanniche. A maggio l'Istat calcolava che lo stipendio medio degli italiani è di 1.300 euro mensili, ma le donne prendono circa il 20% in meno. Mentre nel Regno Unito le uniche a guadagnare quanto gli uomini, secondo la ricerca, sono le dirigenti con profili junior.
Sono più fortunate sul piano dei licenziamenti. Nessuna disparità di trattamento per i due sessi - il licenziamento colpisce il 2,2% degli uomini e delle donne dirigenti. Anche se il rapporto cambia ai livelli aziendali più alti dove le dirigenti rischiano il licenziamento 5 volte di più rispetto agli uomini”.
Insomma, la prossima volta che avete l’impressione che ci voglia un secolo prima che si raggiunga un’equa uguaglianza, potreste non aver fatto male i conti.
Iscriviti a:
Post (Atom)